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L'ufficio anti razzismo che denunciò il Giornale

Combatte le discriminazioni, ma a senso unico. Nel mirino politici di destra e cronisti

L'ufficio anti razzismo che denunciò il Giornale

Roma - E ora tutti alla scoperta dell'Unar. Riflettori sull'ente antirazzismo, accusato di aver usato 55mila euro di soldi pubblici per scopi non propriamente nobili come lo sono le ammucchiate. Recita lo statuto dell'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri: «L'Unar vigila per garantire parità di trattamento fra le persone, di vigilare sull'operatività degli strumenti di tutela vigenti contro le discriminazioni e di contribuire a rimuovere le discriminazioni fondate sulla razza e l'origine etnica». E per questo mette in conto iniziative «contro il razzismo, contro la violenza e per favorire l'inserimento lavorativo per persone con disabilità». Smisurato il registro delle associazioni accreditate: molte conosciute, altre meno. Tutte ugualmente interessate a ottenere soldi pubblici in un sistema che però non è sembrato garantire adeguati controlli come rivelato dale Iene.

Tante le vittime illustri di Unar: dal direttore del Giornale Alessandro Sallusti all'editorialista Vittorio Macioce, accusati (a torto) di razzismo, fino a Giorgia Meloni. La pugnace leader di Fratelli d'Italia, che ieri ha chiesto l'immediata chiusura dell'Unar, nel settembre 2015 venne richiamata all'«ordine» per i toni usati in pubblico in tema di immigrazione. L'ente coglieva «l'occasione per chiedere» alla Meloni «di voler considerare per il futuro, l'opportunità di trasmettere alla collettività messaggi di diverso tenore» sui migranti. La Meloni aveva solo detto che non tutti gli immigrati sono ugualmente disponibili a integrarsi nella nostra cultura. Una frase di buon senso censurata col benestare della Presidenza del consiglio. La leader di FdI protestò, lanciò l'hashtag «Bavaglio di Stato», Mattarella definì l'invasione di campo «anomala», e Palazzo Chigi chiese spiegazioni, anche se poi a Montecitorio la Boschi difese l'operato dell'Unar. Tutto finì nel dimenticatoio fino al servizio de Le Iene. E ancora. La giornalista del Corriere della Sera, Monica Ricci Sargentini, autrice della cronaca della prima assemblea femminista italiana a proposito di maternità surrogata venne denunciata all'Unar con l'incredibile accusa di omofobia. Il denunciante, Giovanni Bianchini, 24 anni, additò la giornalista per aver allegato l'articolo con la foto di una coppia gay spagnola che coccola un neonato ottenuto da maternità surrogata solo per scatenare commenti omofobi.

L'Unar dovrebbe difendere e promuovere le diversità. Ma nell'aprile scorso l'associazione dei Rom gli fece recapitare una denuncia. In sostanza per strategia sbagliata nel campo dell'integrazione che finirono per vanificare certi accordi con l'Ue. Colpa della delibera capitolina 117 del 16 dicembre 2016. Quel documento, secondo i Rom, andava modificato e l'Unar non si era speso abbastanza. Nell'accordo veniva istituito il «tavolo di inclusione che garantisce l'accesso alla casa, alla scuola e alla sanità per 10.

000 cittadini attualmente reclusi in campi rom».

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