Guerra in Ucraina

L'ultima ipocrisia dell'asse Putin-Xi contro l'Occidente. "Rispetti il diritto"

Il leader cinese esce rafforzato dal vertice di Mosca, anche se Blinken minimizza: "Pechino non ha ancora passato il limite"

L'ultima ipocrisia dell'asse Putin-Xi contro l'Occidente. "Rispetti il diritto"

Il black humour deve essere una dote molto ben nascosta di Vladimir Putin e Xi Jinping, i leader delle due nazioni meno democratiche tra le grandi potenze mondiali, che alla cena di chiusura del loro vertice al Cremlino, si sono visti servire in un menu probabilmente non da chef stellato anche il borsch, una zuppa a base di barbabietola che è originaria dell'Ucraina, anche se pure alcune zone della Russia ne rivendicano la paternità. Umorismo acido come la panna che lo guarnisce.

Ma il cuoco del Cremlino non è il solo ad aver fatto esercizio di ironia nell'ultima serata moscovita. Nella dichiarazione congiunta di fine colloqui i due staff hanno accusato gli Stati Uniti di «minare» la sicurezza internazionale per mantenere il «vantaggio militare» ed espresso la «preoccupazione» per la crescente presenza della Nato in Asia, mentre il capo della diplomazia russa Sergey Lavrov ha detto che se il Regno Unito fornisse all'Ucraina munizioni per i carri armati all'uranio impoverito violerebbe «il diritto internazionale umanitario, come è successo in Jugoslavia nel 1999». Da che pulpito

Il vertice tra Putin e Xi si è concluso come era iniziato. Con i due leader avvolti da un senso salvifico e il resto del mondo a guardarli con scetticismo e sospetto, perfino con paura. Un occidente «ostile» all'incontro, come dice il ministro degli Esteri russo Dmitry Peskov. Di pace si è parlato, certo, i dodici punti del piano di Pechino sono meglio di niente, ma si tratta di una pace gattopardesca, che accontenta certo più Mosca che Kiev. Xi ha lasciato Mosca ieri mattina molto presto, gli aerei presidenziali sono decollati dall'aeroporto Vnukovo, dopo l'ultima esecuzione dei due inni nazionali e dopo il saluto della guardia d'onore al da poco rieletto presidente cinese, riportando a Pechino lui e il suo entourage. L'ultimo messaggio di Xi è stato come sempre algido e ambiguo. «Vorrei sottolineare che, per quanto riguarda la riconciliazione ucraina, aderiamo ai principi della Carta delle Nazioni Unite e manteniamo una posizione obiettiva e imparziale» promuovendo «attivamente la riconciliazione e la ripresa dei colloqui» e favorendo «la pace e il dialogo». Parole troppo ecumeniche, senza significato o forse con troppi significati. Xi comunque non è equidistante sulla crisi ucraina. A Putin avrebbe strizzato l'occhio parlando di «cambiamenti che non si vedevano da 100 anni» e che i due leader starebbero «guidando insieme». Putin avrebbe risposto di essere «completamente d'accordo» e avrebbe salutato Xi così: «Abbi cura di te, amico mio».

Resta l'impressione di un rapporto sbilanciato, con Putin a scodinzolare dietro Xi per ottenere una legittimazione che assomigli a un'alleanza e il secondo a giocare le sue carte con cinesissima pazienza, ammiccando all'«amico» senza rompere del tutto con l'Occidente. Lo segnala anche il segretario di Stato Usa Antony Blinken, secondo cui la Cina «sta osservando con grande attenzione quello che sta accadendo in Ucraina» e «come il mondo sta reagendo all'aggressione russa», ma «non ha ancora oltrepassato il limite» nei suoi rapporti con Mosca. Meno diplomatico il primo ministro della Polonia, Mateusz Morawiecki, che parla di «un asse Mosca-Pechino pericoloso".

Pechino si comporta come un esperto giocatore di poker ed esce rafforzato dal vertice delle «canaglie». Lo riconosce anche Ishaan Tharoor, editorialista del Washington Post, che vede nell'appuntamento di Mosca il segnale di un cambio di passo nella politica estera del Paese più popoloso al mondo, e che registra «un desiderio cinese di allontanarsi dai sistemi di alleanze e dall'architettura di sicurezza globale che gli Stati Uniti hanno introdotto dopo la seconda guerra mondiale, uno status quo costruito da Washington che Pechino lamenta caratterizzato da una mentalità da guerra fredda».

La Cina è sempre più vicina, la pace sempre più lontana.

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