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M5s filocinesi e leghisti pro States: i gialloverdi hanno perso la bussola

Un Paese allo sbando: Tria e Mattarella ancorati all'Europa, Salvini guarda agli Usa e il grillino strizza l'occhio a Pechino

M5s filocinesi e leghisti pro States: i gialloverdi hanno perso la bussola

Matteo Salvini fa l'americano rompendo i 5G nel paniere del «cinese» Luigi Di Maio mentre il ministro del Tesoro, Giovanni Tria, si schiera con l'Europa spalleggiato dal Quirinale. Così gira il nuovo mappamondo della politica mentre alle già numerose mine innescate nei rapporti tra gli alleati di governo si aggiunge anche quella sugli affari di Huawei in Italia.

I primi «carrarmati» del risiko sono stati mossi lunedì sera dal leader della Lega in visita ufficiale negli Stati Uniti: Salvini ha indossato la felpa a stelle e strisce annunciando «una manovra trumpiana» condita dalla flat tax. Cui ha risposto ieri, da Londra, il ministro Tria: «Una manovra trumpiana implica avere il dollaro, e noi abbiamo l'euro», ha detto a margine di un incontro con gli investitori della City. Al Tria «europeo» ha fatto da sponda anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che nel messaggio di saluto inviato in occasione dell'assemblea annuale di Confartigianato ha lanciato un appello a mantenere «in ordine» i conti perché assicurarne la solidità «è essenziale per la tutela del risparmio e l'accesso al credito». Immediato il contrattacco della strana coppia Trump-Salvini: il primo ieri ha accusato il numero uno della Bce, Mario Draghi, di svalutare l'euro sul dollaro con l'annuncio di un nuovo taglio dei tassi. E il secondo ha risposto a Mattarella che se il debito sale è colpa delle regole Ue.

Ma il nemico non è soltanto a Bruxelles o a Francoforte. Perché per accreditarsi con la Casa Bianca come un alleato affidabile, Salvini è anche pronto ad assicurare un governo «degrillinizzato». Nell'incontro con il segretario di Stato Mike Pompeo e con il vicepresidente Mike Pence, il vicepremier e ministro dell'Interno ha parlato di «prepotenza cinese», rassicurando Pompeo che il governo italiano sta lavorando «per verificare le problematiche e gli eventuali rischi concreti che ci possono imporre una riflessione» sul ruolo di Huawei nella realizzazione delle reti di nuova generazione 5G. Riflessioni che cozzano contro la strategia diplomatica degli sherpa a Cinque Stelle sulla via della Seta. La visita di Di Maio in Cina dello scorso 5 novembre era servita per confermare il «rapporto fondamentale» del governo con Pechino. In occasione di quella missione ci sarebbe stato anche un incontro tra il sottosegretario Michele Geraci e i vertici del colosso cinese delle tlc, Huawei. Il Mise aveva infatti costituito una Task Force Cina per l'elaborazione di una nuova strategia nazionale di sistema, destinata a rafforzare le relazioni economiche e commerciali con il Paese. Non solo. All'evento «Huawei 5G Summit», che si era tenuto alla Camera a settembre, avevano partecipato anche Di Maio, il sindaco di Roma, Virginia Raggi e Antonio Martusciello, commissario Agcom mentre al «Huawei European Innovation Day» del 7 novembre, il discorso di apertura per il governo era stato affidato al Ministro per i rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro.

A fine gennaio però, a sparigliare le carte delle alleanze, sono arrivati gli Usa di Trump che hanno accusato formalmente Huawei di aver sfruttato la rete 5G per rubare segreti commerciali a concorrenti americani. Intensificando la campagna in Europa per convincere gli alleati a non usare le infrastrutture della società.

Invito evidentemente raccolto dal nuovo amico Salvini, aspirante premier.

E quello vero? Mentre lunedì Matteo a Washington cementava l'asse con Trump, Giuseppe Conte era a Milano alla cena di gala per l'anteprima del nuovo rapporto della Fondazione Italia-Cina, attovagliato con il nuovo ambasciatore cinese in Italia, Li Junhua, e circondato da istituzioni, imprenditori e vertici di importanti aziende italiane e cinesi.

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