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"Macché Quirinale, noi donne tagliate fuori"

Esce il libro dell'ex Guardasigilli: "Non ho mai creduto alla candidatura al Colle"

"Macché Quirinale, noi donne tagliate fuori"

È stata il primo prefetto donna. E ha rischiato di arrivare anche al Quirinale. Annamaria Cancellieri, però, non si è montata la testa: «Non ci ho mai creduto».

Al Quirinale?

«Ma no, non c'erano le condizioni. Io ero estranea alle logiche politiche, alla fine hanno scelto Sergio Mattarella, peraltro un ottimo candidato, che rappresentava la sintesi migliore fra le diverse esigenze».

Però il suo nome è circolato come quello della sua collega Paola Severino.

«Ma lei diceva di non essere in gara».

Beh, negare era ed è il modo migliore per non bruciare il proprio nome.

«Appunto. Lei negava, io non ero in gara. Però... Se ricorda, il nostri nomi e quelli di altre donne sono stati fatti all'inizio, il mio ad esempio da Monti che ringrazio per il suo affetto».

Poi?

«Poi si sono persi per strada».

E la Finocchiaro?

«È vero, la Finocchiaro ha resistito di più. Però noi donne siamo rimaste fuori dalla partita finale, quella decisiva».

Un pregiudizio?

«Ma no. È andata così. E poi, se proprio lo vuol sapere questa storia del candidato donna non mi appassiona».

A quanto pare appassionava Renzi.

«Io vorrei essere valutata per quello che ho fatto. Perché, spero, sono brava, non perché sono una donna».

Forse il segreto straordinario della sua carriera è proprio quello: Cancellieri ha buttato alle ortiche tutta la retorica sulle quota rosa. Così è andata molto lontano e ora che può tirare il fiato si racconta nel libro autobiografico Una vita bellissima , Mondadori, che verrà presentato al teatro Franco Parenti di Milano oggi: l'autrice dialogherà con Giangiacomo Schiavi, don Gino Rigoldi, Sveva Casati Modignani.

Lei è stata due volte ministro: con Monti e poi con Letta. Partiamo dal professore milanese: non è che gli italiani lo rimpiangano.

«Oggi, col senno di poi, tutti lo criticano. Ma io ho ben presente il clima che si respirava nelle prime settimane: il ministro del Tesoro doveva fare i salti mortali per raggranellare i fondi per questo o quel provvedimento; avevamo tutti davanti l'incubo della Grecia. E se lo spread scendeva di un punto era festa grande. Ora tutti sono pronti a spiegare che Monti ha sbagliato e ha ucciso l'Italia con troppe tasse. Facile, moto facile parlare dopo».

Però dall'inchiesta di Trani emerge che il downgrade deciso dalle agenzie di rating fu probabilmente tirato per i capelli.

«Ho letto e posso risponderle che noi ci siamo sempre mossi in perfetta buonafede. Altro non so».

Che differenza ha trovato fra Letta e Monti?

«Con Monti, capo di un governo tecnico, i consigli dei ministri si allungavano per ore e ore, con discussioni puntigliose. Con Letta, invece, le riunioni dei ministri si esaurivano nel giro di mezz'ora, un'ora al massimo».

Ma Letta è stato tradito da Renzi?

«Non l'ho mai capito. Qualche segale di pericolo però ci era arrivato si capiva che l'aria non era buona. In ogni caso non ho più sentito Letta e non ho avuto modo di chiederglielo».

C'è chi ha chiesto le sue dimissioni quando è esploso lo scandalo Ligresti...

«Antonino Ligresti mi telefonò per ricordare che la nipote, detenuta, in cella, era malata di anoressia. E io ho fatto quel che dovevo fare: ho comunicato la notizia al dipartimento delle carceri. Faccio notare che il suicidio è sempre una grave sconfitta per lo Stato. Ma ben due procure, Roma e Torino, non hanno trovato nulla di anomalo nel mio comportamento. Posso dire di aver concluso la mai esperienza politica a testa alta».

È proprio arrivata a fine stagione?

«La politica non mi interessa. Ora sono una pensionata felice. Faccio sport, mi dedico finalmente ai miei interessi, viaggio.

E non ho rimpianti».

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