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Di Maio chiude la domenica e regala soldi ai negozi online

Il calo dei consumi penalizza il commercio ma il governo vuole ridurre le aperture festive. I colossi del web fanno festa

Di Maio chiude la domenica e regala soldi ai negozi online

Roma - A detta di tutti gli operatori, il 2018 è stato annus horribilis per il commercio. I dati Istat lo dimostrano, con numeri negativi tanto per i piccoli negozi quanto per la grande distribuzione. La debolezza della domanda pare in questo periodo accomunare diversi paesi europei, sottolinea l'ufficio studi di Confcommercio. Fattori congiunturali, anzitutto: dunque il perdurare di una crisi che si riflette sui consumi (il dato che salva i discount lo conferma). Ma a fare la parte del leone, con indici di crescita a due cifre, è invece il commercio online: segnale di una riconversione tecnologica che sta mutando in maniera drastica e profonda il nostro modo di acquistare. Se i dati allarmano, «preoccuparsi in questo contesto di chiudere i negozi la domenica, invece che di far riaprire le saracinesche chiuse per la crisi, è assurdo e paradossale», rileva con buona dose di raziocinio l'Unione nazionale consumatori.

Forse è proprio questa, una delle chiavi per interpretare l'annuncio fatto ieri dal vicepremier Luigi Di Maio, in diretta Facebook dalla Fiera di Bari. «Sicuramente entro l'anno approveremo la legge che impone uno stop nei week end e nei festivi a centri commerciali ed esercizi commerciali, con delle turnazioni». Il ministro del Lavoro e del Mise ne ha approfittato per ricordare come «l'orario degli esercizi commerciali non può più essere liberalizzato come fatto dal governo Monti, perché sta distruggendo le famiglie italiane, bisogna ricominciare a disciplinare gli orari di apertura e chiusura». Il pdl, a prima firma Saltamartini (Lega), è stato incardinato un paio di giorni fa in Commissione Attività produttive della Camera e promette, a detta dei proponenti, di rimediare ai guasti di una liberalizzazione «che non ha dato i frutti sperati; la rivisitazione della normativa mira da una parte a non penalizzare il commercio, in particolare quello di prossimità e le botteghe storiche, dall'altra a restituire ai cittadini e alle famiglie una dimensione socioeconomica più a misura d'uomo». La normativa individua giorni e zone nei quali gli esercenti possono derogare dall'obbligo di chiusura domenicale e festiva: per ora si parla di tutte le domeniche di dicembre più quattro domeniche o festività nel corso dell'anno ma, come fa capire il ministro per la Famiglia, Lorenzo Fontana, ci sarà spazio per deroghe nelle zone turistiche e non solo. D'accordo con la chiusura il Vaticano (che ha più volte sollecitato provvedimenti), i sindacati e grandi associazioni come Confcommercio e Confesercenti, ieri entusiaste dell'annuncio.

Senonché, il sacrosanto problema di restituire la domenica ai lavoratori sottoposti a turnazioni disagevoli, certo non risolverà il problema del commercio. Potrebbe invece peggiorarlo, perché dalla classica guerra di posizione tra piccoli-medi esercenti e grande distribuzione, a godere sarà il terzo, ingombrante incomodo: l'e-commerce. Di regalo ai «colossi del commercio online» parla +Europa, assai agguerrita sul tema. «Per servire una parte della lobby dei commercianti - accusano Della Vedova e Mazziotti - imporranno una misura irrazionale, anti-investimenti, anti-crescita, anti-occupazione e classista». I negozi virtuali non chiudono mai, aggiungono, ed è vero.

Eppure folle sembra la rincorsa, e all'interno di una ruota da criceti.

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