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La manina americana dietro la scelta di Gentiloni di tenersi la delega ai servizi segreti

La vittoria di Trump negli Stati Uniti è uno degli elementi che hanno scongiliato a Mattarella e Gentiloni di affidare la delega dell'intelligence a un fedelissimo di Renzi (Luca Lotti). Così la delega è rimasta al premier

La manina americana dietro la scelta di Gentiloni di tenersi la delega ai servizi segreti

Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, si è tenuto le deleghe per i servizi segreti. Prima a occuparsi degli 007 era un fedelissimo di Renzi, Luca Lotti. Quest'ultimo è stato promosso, da sottosegretario a ministro dello Sport, ma niente più "servizi" per lui. Semplice coincidenza o dietro, invece, c'è un preciso calcolo politico?

Il motivo potrebbe essere il secondo, come ipotizza l'Huffington Post. Vediamo di capirne il motivo. Matteo Renzi, com'è noto, era allineato con l'amministrazione Obama e si era speso in modo netto dala parte di Hillary Clinton durante la campagna elettorale americana. Fin qui nessuna novità, visto e considerato che lo stesso Gentiloni era pro Hillary. Ma per non urtare il nuovo corso degli Stati Uniti è possibile che Mattarella abbia chiesto (e ottenuto) una discontinuità in un settore chiave come quello dei servizi.

Del resto lo stesso Mattarella, che fu vicepresidente del Consiglio con delega ai servizi segreti nel governo D’Alema e ministro della Difesa nei governi Amato e D’Alema, potrebbe aver convinto Gentiloni a "non affidare" nelle mani di Lotti la delega per gli apparati di intelligence, cui pure il braccio destro di Renzi aspirava, ovviamente d’accordo con l'ex premier.

Nel suo discorso programmatico alla Camera Gentiloni ha evidenziato una grande attenzione alla delicatezza degli equilibri politici internazionali, soprattutto per quanto riguarda il cambio della guardia negli Stati Uniti, in programma il prossimo 20 gennaio. Ma c'è anche un altro dettaglio importante: "Tra un paio di settimane - ha ricordato Gentiloni - l'Italia entrerà nel Consiglio di sicurezza dell'Onu e assumerà la presidenza di turno del G7. Lo faremo in un momento difficile, caratterizzato da una particolare incertezza che si determina anche per la contestualità con la transizione americana, che come sapete si concluderà il 20 gennaio". Poi ha ricordato che l'Italia è pronta a "collaborare con quello che è da sempre il nostro principale partner ed alleato, gli Stati Uniti, forti nella difesa dei nostri principi, ma convinti sostenitori dell'Alleanza atlantica. Incertezza accentuata dalle condizioni molto difficili di diversi teatri di crisi nel mondo".

E in merito al Consiglio europeo di giovedì e venerdì prossimi il capo del governo ha aggiunto che si dovrà discutere di "Siria, del modo in cui la crisi siriana sta definendo i rapporti tra l'Unione europea e la Russia, in un momento di transizione per l'amministrazione americana".

Intendiamoci, Renzi non sparisce dai radar. Ma, quantomeno in un settore, si è ritenuto opportuno non urtare la (nuova) sensibilità americana. E, se fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, le deleghe restano a Gentiloni.

Sarà lui, in prima persona, a gestire gli aspetti più delicati legati sull'Italia derivanti dal passaggio di consegne alla Casa Bianca.

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