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Mattarella vigila sulla legge Interverrà solo dopo il voto

Il Colle ha già espresso perplessità sui rimandi troppo espliciti al matrimonio E i suoi consiglieri assicurano: «Si pronuncerà sulla base della Costituzione»

Mattarella vigila sulla legge Interverrà solo dopo il voto

Prendete i dubbi «tecnici» del Quirinale, sommateli alle tante obiezioni dei costituzionalisti, aggiungeteli alle speranze della Cei e di una buona parte del mondo cattolico e metteteli poi insieme alle radici dc del capo dello Stato. Ma siccome la politica non è un'operazione di matematica, la somma delle varie cose non è, o non è ancora, sufficiente per provocare una presa di posizione di Sergio Mattarella sulla legge Cirinnà. Per il Colle l'unico limite, «il parametro di riferimento» da prendere in considerazione è infatti la sentenza 138 della Consulta, che nel 2010 ha ricordato come per i padri costituenti nel matrimonio i coniugi debbano intendersi di sesso diverso. Quindi, le unioni civili dovranno essere ben distinte dalla nozze. E le controverse stepchild adoption? No, le adozioni sono considerate un problema politico e non costituzionale. E non corrono il rischio di richiami o bocciature.

Riflettere? Certo che rifletterà. Intervenire? Questo forse è più difficile, almeno non ora, non a bocce in movimento. Del resto, fanno notare dal Colle, il presidente è già intervenuto. Lo ha fatto nei giorni scorsi, quando diversi esponenti del governo e della maggioranza lo hanno consultato per sondarlo su eventuali incoerenze formali della Cirinnà. La risposta di Mattarella è stata piuttosto precisa. Le perplessità si sono concentrate sugli articoli due e tre della legge, quelli che rinviavano in maniera troppo esplicita alla disciplina delle nozze. Gli uffici giuridici del Quirinale hanno contato ben sedici «rimandi» del testo della senatrice del Pd al vigente diritto matrimoniale. Davvero troppi, per sperare di non urtare contro la sentenza della Consulta del 2010.All'epoca Mattarella non era ancora giudice costituzionale. E ai tempi dell'ultimo governo Prodi, 2006 - 2008, lui si era dichiarato favorevole all'introduzione dei Dico. Ma adesso che è sul Colle non può certo ignorare un probabile, quasi certo, conflitto con la Carta. Da qui la solita moral suasion che ha portato il Pd a rivedere il provvedimento, eliminando le possibili confusioni e presentando dodici emendamenti, primo firmatario Giuseppe Lumia. L'obiettivo è di dar vita ad un istituto giuridico autonomo con caratteristiche diverse e graduate rispetto al matrimonio. Se l'istituto giuridico è differente, questa è l'idea, anche la qualità e la quantità dei diritti e dei doveri deve esserlo. Una delle modifiche riguarda l'uso del cognome. Se l'unione civile si spezza, si perde il nome del partner. Se ci si lascia, è divorzio immediato.

Basteranno questi ritocchi, si chiedono nella maggioranza, per mettere al riparo la legge dal Quirinale salvaguardano i diritti delle coppie omosessuali? E sul piano politico, si domandano dall'opposizione, come reagirà il capo dello Stato alle pressioni in arrivo dal mondo cattolico? Nella Cei, il cardinale Camillo Ruini e il vescovo di Campobasso Giancarlo Maria Bregantini si sono già esposti: «Se la legge non cambia, il presidente dovrà intervenire».Lo farà? Quando ha ricordato al Pd l'obbligo di rispettare la sentenza della Consulta, Mattarella si è tenuto ben lontano da giudizi o consigli nel merito del provvedimento. Lui infatti, spiegano i consiglieri, «come sempre» non intende intervenire nei contenuti di una legge ancora in discussione in Parlamento. Dopo, sì. «Il Quirinale esprimerà le sue valutazioni solo quando la norma sarà approvata».

Ma niente giudizi politici, assicurano, «si pronuncerà soltanto sulla base della sua costituzionalità».

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