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Mattarella vuole garanzie sulla tenuta del Paese e adesso spera nella mediazione di Giorgetti

Il Colle non interferirà su scelte politiche. Ma lavora per evitare sbandate pericolose

Mattarella vuole garanzie sulla tenuta del Paese e adesso spera nella mediazione di Giorgetti

Roma Un messaggio per i 75 anni della strage nazista di Acerra. Un incontro con i vertici della fondazione Bietti per la ricerca in oftalmologia. Un approfondimento tecnico sul decreto sicurezza, tenuto ancora 24 ore in freezer prima della firma. Soltanto ordinaria amministrazione, si direbbe, nell'agenda del capo dello Stato. In realtà l'attenzione del presidente è tutta sul vertice di Palazzo Chigi sulla manovra. Riuscirà il governo a confezionare una Finanziaria che convinca l'Europa e non spaventi i mercati? I primi segnali sono contrastanti e lo spread galoppa a quota 300. Forse però c'è ancora uno spiraglio, come dimostrerebbero alcune farsi concilianti di Luigi Di Maio, che riconosce la neutralità di Sergio Mattarella. E magari, chissà, ci penserà Giancarlo Giorgetti, il Richelieu di Salvini, a trovare il giusto spazio di mediazione. Non si sa mai.

Ma le speranze che la maggioranza sia disposta a un passo indietro sono davvero pochine. Il faccia a faccia con Conte di lunedì è stato «deludente», il premier non ha saputo rispondere a nessuna della domande di un Mattarella piuttosto allarmato per le prospettive del Paese. Fino a che punto siate determinati a spingervi nel braccio di ferro con Bruxelles? Che cosa farete se, come sembra, l'Europa boccerà la manovra? Quali misure preventive state preparando per resistere alla burrasca finanziaria? Come pensate di difendere i risparmiatori italiani se il caos dovesse coinvolgere anche le banche?

E pazienza per il balbettio di Giuseppe Conte durante l'udienza. Forse non era preparato, oppure doveva consultarsi con i due soci forti della maggioranza. A infastidire il presidente è stato piuttosto il silenzio successivo. Mattarella dal premier si sarebbe aspettato un impegno, una «presa di coscienza» della gravità della situazione, o per lo meno una vaga promessa di intervento nei confronti del duo Salvini e Di Maio, qualche parola diplomatica per provare ad alleggerire il pesantissimo clima finanziario internazionale.

Invece niente, tracciato piatto. L'unica concessione che il capo dello Stato ha ottenuto riguarda il cosiddetto complotto per lo spread. Lunedì Mattarella aveva chiarito che ad agitare i mercati non sono le dichiarazioni del Quirinale, gli inviti a rispettare l'equilibrio di bilancio e a difendere il potere d'acquisto delle famiglie, come c'è scritto nella Costituzione della Repubblica, ma i numeri e la struttura della Finanziaria giallo-verde. E ora ecco Luigi Di Maio, che prova a metterci una pezza. «Credo che il presidente - dice il ministro per Sviluppo e i lavoro - sia presente nei limiti delle sue prerogative, non ho notizia né evidenza che abbia mai sconfinato dalle sue prerogative». Messaggio ricevuto.

Poi però, siccome le medaglie hanno sempre due facce, Di Maio afferma pure che non ci sono divisioni all'interno nel governo. «Non esiste un partito del Quirinale, con l'appoggio dei ministri Giovanni Tria ed Enzo Moavero, ci sono solo due partiti, M5S e Lega, che sostengono l'esecutivo». Il che è un modo abbastanza diretto per chiedere al Colle di non interferire nella vicenda.

Ma Mattarella, spiegano, non ha alcuna intenzione di «interferire» sul piano politico. Il problema non è e non è mai stato il contenuto della manovra economica, perché ogni governo ha il diritto-dovere di fare le proprie scelte, per bizzarre o dirompenti che siano. E anche una certa dose di propaganda è considerata accettabile. Al Quirinale interessa soprattutto un'altra cosa, e cioè assicurare la tenuta del sistema Paese. È da qui perciò che Mattarella partirà per giudicare con quali modi e strumenti intervenire (moral suasion o altro), sempre sulla base dei poteri che la Costituzione gli conferisce, Carta sulla quale ha solennemente giurato, come per altro anche il governo.

Ma insomma, qualcosa andrà fatta, qualcuno parlerà, spiegando che l'unica possibilità che l'Europa digerisca il 2,4% sta nel dirottare le spese in deficit verso capitoli dedicati a sviluppo e investimento. E che le misure di sapore assistenziale come reddito di cittadinanza e quelle considerate non strutturali come il superamento della legge Fornero, dovranno avere coperture solide.

Altrimenti saranno guai per tutti.

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