Politica

Matteo è morto fissate i funerali (politici, eh...)

Il premier è convinto di avere la situazione in pugno, ma di figuraccia in figuraccia la sua fine politica è vicina

Matteo è morto fissate i funerali (politici, eh...)

Quelli che la sanno lunga dicono che Matteo Renzi sia cattivissimo, cinico e vendicativo. A me più che altro sembra morto, politicamente, s'intende. Bisogna soltanto comunicargli la data del funerale. A esequie avvenute, qualcuno provvederà a stabilire il da farsi, che non si profila una passeggiata. Che peccato, un premier tanto giovane e vigoroso, pieno di idee sbagliate e di energie sprecate, se ne sta andando già nel numero dei più inutili e dispersivi governanti, cioè capaci di presentarsi bene, di illudere le folle con promesse mirabolanti, ma, alla prova dei fatti, inabili a concludere alcunché.

Diciamo queste cose con molta tristezza nel cuore: tuttavia, la realtà è talmente cruda da meritare una narrazione priva di ipocrisie e di eufemismi. L'Italia, nonostante lo scellerato ottimismo sbandierato dal presidentino, continua a essere una ciofeca, identica a quella maldestramente condotta da Mario Monti e da Enrico Letta, per rimanere all'ultimo periodo delle tribolazioni patrie. I dati macroeconomici sono oggi più disastrosi rispetto agli anni scorsi; è sufficiente leggerli per capire che ha ragione Renzi: il Paese effettivamente è ripartito, peccato che abbia innestato la retromarcia.

Esso è riuscito a progredire soltanto nel degrado: Roma docet. E altre città hanno imparato la lezione e l'hanno seguita alla lettera. In barba al Jobs act, la disoccupazione, lungi dall'essere calata, si è impennata (inclusa quella giovanile, aggravata dal fatto che i ragazzi hanno voglia di incassare lo stipendio e non di lavorare). Il Pil è stabilmente basso. Il debito pubblico è a livelli di record mondiale. Se i padroni dello spread (i banchieri spericolati e complici dei finanzieri vicini alle cancellerie) decidessero di sbarazzarsi dell' enfant prodige fiorentino, darebbero un po' di gas alle loro speculazioni e addio bambinone. Già visto.

Volando rasoterra, entriamo nella casa matta del Partito democratico e scorgiamo soltanto macerie: difficile trovare due democrat che vadano d'accordo, benché tutti si dicano renziani. Monta il desiderio generale di una resa dei conti. La vecchia guardia osserva le operazioni di macelleria ghignando nella speranza (certezza) che la fine sia imminente. Chi è stato spodestato è pronto a restituire le botte ricevute, con gli interessi, naturalmente. Si annusa l'acre odore del sangue.

Ma Renzi non si dà per vinto, è persuaso di avere in pugno la situazione, confondendola con una ventina di mosche. Povero figlio. Ogni volta che lascia Palazzo Chigi per recarsi in un Paese straniero, in aereo annota gli appunti di un discorso che sarà la fotocopia di quello precedente. A chiunque incontri rivolge sempre le stesse parole da paraculo. La conferma ce l'ha fornita alcuni giorni fa in Giappone. Ha detto che il modello nipponico è il migliore, va adottato anche in Italia. La stessa frase l'ha spesa conversando con qualunque capo di Stato e di governo che abbia incontrato.

Egli ha annunciato di apprezzare anche le formule greche. La peggior figura che possa rimediare un premier è quella di rendersi ridicolo. Renzi l'ha rimediata spesso, inchiodato dalle riprese televisive che hanno documentato la sua goffaggine. A questo punto, se si considera ciò che Alessandro Sallusti ha scritto ieri sul Giornale , non rimane che ribadire il concetto espresso in apertura di questo articolo: auguriamo a don Matteo una dolce morte (politica, sottolineiamo ancora).

Libera nos a malo.

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