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Matteo sarà abbattuto dall'economia

Il 22 febbraio 2015 sarà il primo, e probabilmente unico, compleanno del governo di Renzi

Matteo sarà abbattuto dall'economia

Il 22 febbraio 2015 sarà il primo, e probabilmente unico, compleanno del governo di Matteo Renzi. Che è già durato fin troppo se si considerano i due precedenti, quelli presieduti nell'ordine da Mario Monti ed Enrico Letta, brevi come sospiri. L'esecutivo in carica non può vivere a lungo per motivi indipendenti dalla politica, più o meno apprezzata, del premier. Sarà abbattuto dall'economia i cui dati, lungi dall'essere migliorati, sono destinati a peggiorare se non addirittura a crollare.

Le avvisaglie non mancano e sarebbe da stolti trascurarle. Il Pil non cresce, anzi cala. Le tasse non sono affatto diminuite se si tiene conto dell'impennata prossima di quelle locali. I consumi vanno giù e andranno ancora più giù allorché sarà obbligatorio ritoccare l'Iva. Di conseguenza, la produzione industriale consoliderà la propria crisi, e la sola cosa che avrà un notevole incremento sarà la disoccupazione. Detto questo, detto tutto. Matteo ha recentemente dichiarato che il Paese è stato rimesso in moto e che ora si tratta soltanto di farlo ripartire. In effetti è ripartito, ma sta andando a marcia indietro. Dal che si evince che la manovra firmata dal presidente del Consiglio, e preparata dal ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, non è neppure un brodino, ma acqua fresca. Lascerà il brutto tempo che ha trovato.

Cosicché il governo sarà costretto a scendere dal ring per manifesta inferiorità rispetto alle intemperie. Dispiace esprimere concetti tanto pessimistici, ma non se ne può fare a meno: essi sono suggeriti dall'osservazione della realtà, che non è lecito ignorare, visto che non riguarda solamente la vicenda personale del Rottamatore, ma anche la nostra. Renzi non è tipo da arrendersi e attribuirà il proprio fallimento a chiunque tranne che a se stesso. In particolare, dirà che la colpa dell'insuccesso è dei suoi oppositori interni al Pd, che gli hanno impedito di realizzare appieno il programma. Insomma, egli troverà gli argomenti per rendersi credibile, e non avrà difficoltà a pretendere elezioni anticipate dal nuovo capo dello Stato, chiunque esso sia al momento delle decisioni irrevocabili.

Si da però il caso che, dopo anni di discussioni sterili, la legge elettorale non sia stata ancora varata; perciò si andrà alle urne con l'antidiluviano proporzionale, senza premi di maggioranza. Voteremo come ai tempi di Andreotti, Forlani e compagnia del filo di ferro. Gli ex comunisti detestati dal giovin Matteo fonderanno, da bravi scissionisti di sinistra, un partito. Saranno costretti a farlo per sopravvivere, poiché Renzi non li ricandiderebbe nelle liste democratiche, desiderando toglierseli dai piedi ed essendo persuaso che il Pd, con o senza di loro, mantenga i propri voti, circa il 40 per cento.

Valutazione errata. Infatti gli estremisti non esistono soltanto nel Parlamento: sono numerosi nel Paese. Al massimo, l'ex sindaco di Firenze racimolerà il 26-27 per cento dei consensi. Insufficienti per tentare di formare una maggioranza, sia pure di coalizione. Poniamo però che Forza Italia sia in grado di raggiungere il 17-18 per cento e che il Nuovo centro destra e frattaglie varie raccolgano un pacchetto di suffragi pari al 7-8 per cento (ne dubitiamo). I numeri basterebbero a superare complessivamente la fatidica soglia del 50,01 per cento. Ma è immaginabile un governo stabile su una base tanto sottile? Comunque saremmo di fronte all'ennesimo pastrocchio con l'aggravante dell'assenza di alternative.

Non abbiamo preso in esame, in omaggio alla decenza, il fenomeno dell'astensionismo che nessuno è all'altezza di quantificare. Dire che il futuro è nero, più nero del passato, è poco. Qualcuno obietterà che Renzi potrebbe giocare la carta della resistenza a Palazzo Chigi. Teoricamente è possibile. In pratica, no. Perché - ripetiamo - il problema non è politico, bensì economico; per fronteggiarlo il premier dovrebbe azionare per l'ennesima volta la leva fiscale in un'Italia esausta, priva ormai della forza necessaria a sopportare altre tasse, le più alte d'Europa e forse dell'intero Occidente. Trascurando il fatto che le polemiche sempre più infuocate tra compagni conservatori e compagni innovatori (renziani) impedirebbero all'esecutivo di lavorare allo scopo di scongiurare una crisi devastante.

Una consultazione anticipata in primavera è pressoché certa. Ciò convalida quanto abbiamo sempre sostenuto: la nostra impalcatura istituzionale, eretta sui detriti del fascismo, non permette che il governo governi. Esso ha esclusivamente la facoltà di proporre le leggi, mentre l'approvazione delle medesime è affidata ai parlamentari, che hanno un solo interesse: garantirsi la rielezione. Meno fa, meno rischia di scontentare qualcuno, salvo scontentare tutti.

Il sistema pertanto è immodificabile. Il mondo cambia velocemente e la nostra catena di comando al vertice dello Stato invecchia ogni giorno.

Non ci si può stupire se l'Italia sprofonda nell'arretratezza a prescindere da chi formalmente la guidi.

 

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