Politica

Milano ostaggio dei pm (e di Sala)

È stato un uno-due micidiale che ha messo in ginocchio a distanza di poche ore i vertici delle due capitali italiane, Roma e Milano

Milano ostaggio dei pm (e di Sala)

È stato un uno-due micidiale che ha messo in ginocchio a distanza di poche ore i vertici delle due capitali italiane, Roma e Milano. Nel primo caso la sindaca Raggi è stata travolta dall’ennesimo scandalo - con due arresti - che coinvolge i suoi collaboratori più stretti, molto chiacchierati ma da lei sempre difesi. Nel secondo, il sindaco Beppe Sala, raggiunto da un avviso di garanzia per fatti di quattro anni fa, quando era a capo di Expo, si è autosospeso, pratica inedita e forse fuorilegge.

Le due questioni sono profondamente diverse, nella sostanza e negli attori, hanno in comune solo il risveglio delle incursioni della magistratura nella politica dopo un periodo di letargo terminato, forse non a caso, in coincidenza della caduta di Matteo Renzi. Il paradosso è che da una parte, Milano, c’è un sindaco che dovrebbe rimanere e se ne va, dall’altra, Roma, c’è una sindaca che dovrebbe andarsene per manifesta incapacità e inadeguatezza che rimane invece impassibile al suo posto.

Sulla onestà di Sala, che politicamente abbiamo combattuto anche con asprezza, personalmente non ho il minimo dubbio. Gli auguro sinceramente di uscire indenne da questa vicenda, figlia dello scellerato ritardo con cui fu avviato il cantiere Expo. Ma più scellerata è stata la magistratura milanese: quel fascicolo fu prima aperto, poi congelato - di fatto su richiesta di Renzi - per non compromettere l’apertura di Expo, poi archiviato quando Sala «salvatore della patria » si candidò a sindaco di Milano per il Pd, infine, a elezione avvenuta, riaperto e integrato da un avviso di garanzia. È roba da pazzi, da incoscienti, conseguenza di una guerra tra bande dentro il palazzo di giustizia che prima ha alterato la campagna elettorale di Milano e poi gettano nel caos la più importante città del paese, oggi di fatto senza guida.

Dopo quattro anni avremo pure il diritto di sapere se un uomo ha commesso un reato oppure no in base ai fatti e non alle opinioni o alle convenienze del momento. E possiamo sapere subito se a Roma Virginia Raggi ha commesso qualche cosa di penalmente rilevante circondandosi e difendendo personaggi notoriamente impresentabili? O vogliamo aggravare il clima dei veleni romani lasciando nell’aria il dubbio che questa arrogante bambina purtroppo non prodigio, oltre che incapace sia pure collusa?

Una magistratura che si muove a singhiozzo o che non va fino in fondo in tempi rapidi crea più danni di quelli a cui vorrebbe porre rimedio. E lo stesso vale per l’ambiguità di Beppe Grillo, fustigatore che finirà fustigato per l’incoerenza tra quello che predica agli altri e ciò che permette a se stesso e ai suo «meravigliosi ragazzi».

Difficile, in queste ore, capire dove è il confine tra i buoni e i cattivi.

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