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Quel mito del posto fisso ossessione di viale Mazzini

Il mito del posto fisso di Checco Zalone ha una somiglianza straordinaria con quello del servizio pubblico italiano

Quel mito del posto fisso ossessione di viale Mazzini

«Quo vado» Rai? Boh! Il mito del posto fisso di Checco Zalone sembra avere una somiglianza straordinaria con quello del servizio pubblico radiotelevisivo italiano. Soprattutto nelle sue esasperazioni, incongruenze, assurdità, banalità e forzature, come sembrano aver ampiamente dimostrato le polemiche di fine anno sulla mezzanotte festeggiata in anticipo e sulla bestemmia sfuggita ai controlli e mandata in video. Ma tra i due miti c'è anche una bella differenza. Perché quello sulla pretesa degli italiani di continuare ad avere la sicurezza assoluta dello stipendio a fine mese lavorando il meno possibile è stato denunciato e sbeffeggiato dal comico pugliese. Viceversa, a nessuno è passato per la testa di cogliere l'occasione dell'incidente per incominciare a riflettere se e come il mito del servizio pubblico debba essere ridefinito ed adeguato alle esigenze del tempo presente.Il Quo vado di Zalone è utopico e prevede il superamento dell'ossessione del posto fisso. Quello della Rai stabilisce il potenziamento massimo del servizio pubblico con un aumento più che robusto degli introiti da canone e con l'accentramento dei poteri nel direttore generale trasformato in amministratore delegato alle dirette dipendenze del governo. Ma, almeno fino a questo momento, risulta un mistero insondabile per quanto riguarda il ruolo, le forme e gli obiettivi che il servizio pubblico controllato dal governo e rinforzato da alcune centinaia di milioni di nuovi introiti dovrà darsi nel prossimo futuro.L'ossessione per il gossip dell'informazione nazionale ha preso a pretesto l'incidente di fine anno per spettegolare sulla sorte di Leone o di De Siervo, sulle possibilità di Teodoli o della Ercolani di finire a Raiuno, del possibile cambio della guardia a Raitre tra Vianello e Salerno e delle posizioni di Orfeo, della Berlinguer e di Masi messe in discussione da Rizzo Nervo, Riotta e Varetto. Si gioca con le figurine si perde di vista che la Rai, superpotenziata economicamente e posta sotto il controllo diretto dell'esecutivo non può continuare ad essere servizio pubblico come nella Prima Repubblica. Se lo facesse non diventerebbe solo l'ammortizzatore sociale dei soli amici e sodali del premier ma anche, e soprattutto, un pericolo gravissimo per il sistema democratico oltre che del mercato radiotelevisivo ed informativo nazionale.Le legge di riforma non ha preso minimamente in considerazione il problema di quale modello innovativo di servizio pubblico debba essere fornito dalla Rai nella mani del governo e carica di soldi. La questione è stata demandata ad Antonio Campo Dall'Orto ed al suo preannunciato piano industriale ed editoriale di cui, però, ancora non si sa nulla.Per non limitarsi a giocare con le figurine sarebbe auspicabile non lasciare solo il dg-ad e contribuire a trovare una soluzione aprendo una discussione seria ed approfondita sull'argomento. È quello che si vuole fare con il convegno di fine gennaio preannunciato da Maurizio Gasparri ed a cui, da consigliere d'amministrazione Rai, intendo dare il massimo contributo.

Per chi voglia continuare a giocare con le figurine, invece, non rimane che sperare in Checco Zalone. Presto o tardi ci penserà lui a rispondere al Quo vado Rai!

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