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Moody's e i fondi bocciano la tassa sugli extraprofitti. Ma le banche cercano il dialogo

Continua la risalita dei titoli bancari in Borsa, anche se la bufera sulla tassa degli extraprofitti bancari non si è ancora placata

Moody's e i fondi bocciano la tassa sugli extraprofitti. Ma le banche cercano il dialogo

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Continua la risalita dei titoli bancari in Borsa, anche se la bufera sulla tassa degli extraprofitti bancari non si è ancora placata. A tal punto che nel dibattito è scesa nell'arena anche un pezza da novanta come l'agenzia Moody's, storicamente poco amica dell'Italia se non altro per assegnarle il giudizio più basso di tutti, «Baa3» con outlook negativo, vale a dire a un solo gradino sopra il livello considerato «spazzatura». Ebbene, secondo l'agenzia di rating la nuova tassa sugli extra profitti «è credit negative» per il settore, cioè da bocciare e pericolosa per il credito. Secondo i calcoli proforma su cinque banche che rappresentano oltre il 60% del margine di interesse del sistema bancario italiano a fine 2022 (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Bper, Banco Bpm e Mps) «la nuova imposta ridurrà sensibilmente il loro reddito netto», con un peso di «circa il 15% dell'utile netto 2022 del sistema». Inoltre l'imposta va «ad aggiungersi a una serie di altri vincoli alla redditività delle banche italiane, come la modesta attività di prestito o l'aumento delle spese operative». Tuttavia, secondo le stime di Moody's, «la redditività della maggior parte delle banche per il 2023, al netto dell'imposta sui guadagni straordinari stimata, rimarrebbe al di sopra del reddito netto del 2022».

Per ovvie ragioni, non potevano essere contenti alcuni dei più grandi investitori internazionali in banche italiane. In un articolo del Financial Times, infatti, David Herro, chief investment officer del gestore statunitense Harris Associates, il sesto più grande azionista di Intesa Sanpaolo, dice che «per anni le banche hanno lottato in un contesto di bassi tassi d'interesse. Nessuno ha implorato, né avrebbero dovuto, delle sovvenzioni. Ora finalmente che abbiamo un po' di normalizzazione e il governo confisca i profitti». Oliver Collin, co-responsabile delle azioni europee di Invesco, fra i top 20 azionisti di UniCredit, ha detto che il prelievo riflette «una combinazione di mancanza di chiarezza e un completo voltafaccia in termini di politica».

In Italia, intanto, ieri si è riunito il comitato di presidenza dell'Abi, l'associazione che riunisce le banche italiane. Al termine del quale non ci sono state comunicazioni formali ma, a quanto è trapelato, le banche italiane sono «molto unite di fronte alla decisione del governo di varare una tassa sugli extra profitti», ma sebbene siano accomunate dalla «sorpresa» per la mossa del governo preferiscono tenere una linea di «cautela, fermezza, serietà e senso di responsabilità». Tradotto: si attenderà la pubblicazione del provvedimento in Gazzetta Ufficiale prima di commentarlo, magari cercando il canale del dialogo con l'esecutivo. Non ci sarà da aspettare tanto, però, visto che sempre ieri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato sia dl Asset che dl Giustizia che sono pertanto pronti per essere pubblicati sull'organo ufficiale dello Stato.

Tra i vari articoli di questi decreti è stata ripristinata la regola per cui, in caso di estinzione anticipata di un prestito, il consumatore potrà riavere indietro i costi sostenuti in relazione al contratto di credito al consumo (comprensivi di interessi e spese, come chiarito dalle sentenze della Corte costituzionale e dalla Corte di giustizia).

L'intervento annulla una restrizione contenuta nel decreto Salva Infrazioni, che negava questa possibilità ai contratti di credito al consumo sottoscritti prima del 25 luglio 2021 (data di entrata in vigore delle legge di conversione del decreto).

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