Politica

La mossa Usa aiuta Roma a salvarsi in corner

di Gian Micalessin

N on sappiamo ancora se basterà a salvare Tripoli e gli interessi dell'Italia in Libia, ma alla fine l'America ha fatto sentire la sua voce. Dopo quattro giorni d'impenetrabile silenzio il segretario di stato Usa, Mike Pompeo, ha chiarito che gli Stati Uniti «si oppongono all'offensiva militare lanciata dalle forze di Khalifa Haftar» chiedendo «l'immediata cessazione di queste operazioni militari contro la capitale libica».

A dar retta a Pompeo i contendenti «devono tornare alle loro posizioni di prima», mentre «le parti coinvolte hanno la responsabilità di attuare con urgenza una de-escalation, come sottolineato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e dai ministri del G7 il 5 aprile». Quel riferimento al G7 lascia perplessi. Prima di arrivare al vertice a sette di Saint Malo in Francia il Segretario di Stato americano aveva sicuramente ascoltato (speriamo) le preoccupazioni dell'Italia dalla voce del nostro ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi durante gli incontri di Washington per il 70mo anniversario della Nato. A Washington Moavero era stato anche protagonista di un bilaterale con l'ambasciatore John Bolton, Consigliere del Presidente per la sicurezza nazionale, durante il quale si è sicuramente discusso di Libia. Da settimane la nostra intelligence segnalava la necessità di mettere a punto una strategia politica in grado di contenere l'imminente offensiva del generale Haftar appoggiata da Arabia Saudita e Emirati Arabi.

Ma evidentemente Moavero non ha saputo convincere gli alleati. O gli alleati hanno deciso di non dargli ascolto per punire la disinvoltura con cui il nostro governo ha firmato gli accordi commerciali con la Cina. Alla fine però la strategia globale ha avuto la meglio sia sull'irritazione nei confronti dell'Italia, sia sullo storico scarso interesse degli Usa per la Libia. Portare alle estreme conseguenze la punizione dell'Italia permettendo ad Haftar di entrare a Tripoli rischiava di garantire mano libera a due alleati del generale come Francia e Russia. Favorire Mosca equivaleva a calpestare la dottrina che identifica come minaccia qualsiasi tentativo russo di recuperare spazi strategici in Medioriente e Africa. D'altra parte neppure l'espansionismo africano di Macron è molto gradito a un'America che vede in Parigi un rivale politico-economico. E così, seppur con riluttanza, Pompeo ha formulato un altolà che, ancor prima di bloccare Haftar, mette un freno alle mire dei suoi due principali mandanti, ovvero Arabia Saudita e Emirati. E rimette in gioco un'Italia dimostratasi incapace di bloccare l'avanzata del generale e di difendere i propri interessi nazionali.

Primi fra tutti quelli che garantiscono il blocco dei migranti e la difesa dei pozzi di gas e petrolio dell'Eni.

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