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"Nel 2011 ha manipolato il mercato". La Deutsche Bank è indagata

Sotto indagine l'ex management del gruppo. Nel mirino la massiccia vendita di titoli di Stato italiani avvenuta nel 2011. I pm di Trani vogliono far luce sui fatti che hanno portato al golpe ordito da Napolitano e Merkel

"Nel 2011 ha manipolato il mercato". La Deutsche Bank è indagata

La Deutsche Bank adesso è nei guai. La procura di Trani vuole vederci chiaro sulla spallata data all'Italia nel 2011. E ha messo sotto indagine l'ex management del gruppo accusandolo di aver manipolato il mercato per danneggiarci. La vicenda riguarda la massiccia vendita, per 7 miliardi di euro circa, di titoli di Stato italiani avvenuta nel primo semestre 2011. Si mette insieme così un altro tassello del golpe bianco ordito dall'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel che ha portato alle dimissioni (forzate) di Silvio Berlusconi e alla nomina di Mario Monti a Palazzo Chigi.

La crisi e il golpe del 2011

I pm di Trani si muovono per far luce su quell'anno infausto che, attraverso la minaccia dello spread, è stato abbattuto un governo democraticamente eletto dagli italiani per sostituirlo con una squadra di tecnici al servizio di Bruxelles e della Germania che hanno macellato il welfare e l'economia del Paese. Che nella prima metà del 2011 la Deutsche Bank avesse ordito a scatenare la tempesta finanziaria sull'Italia c'era nell'aria molto più che un semplice sospetto. I pezzi del puzzle si sono messi insieme poco alla volta, uno dopo l'altro. E ben presto sono stati chiari le ingerenze politiche (interne ed esterne) che hanno portato a una vera e propria sospensione della democrazia in Italia. Adesso, però, la procura di Trani vuole fare un passo avanti e vuole vederci chiaro sulle ingerenze economiche e inchiodare quei poteri forti che hanno preparato il terreno alla spallata di Napolitano.

Le indagini della procura di Trani

Nei giorni scorsi i militari della Guardia di Finanza di Bari, insieme al pm Michele Ruggiero, sequestrato atti e mail nella sede milanese dell'istituto tedesco, in piazza del Calendario, e hanno già iniziato ad ascoltare i primi testimoni. Ad essere ascoltato come testimone sarebbe stato il responsabile di Db Italia, Flavio Valeri, presidente e consigliere delegato del Consiglio di gestione di Deutsche Bank Italia, estraneo alle indagini in corso che riguardano esclusivamente le attività della sede tedesca della banca. Gli indagati per manipolazione di mercato sono, infatti, l'ex presidente di Deutsche Bank Josef Ackermann, gli ex co-amministratori delegati Anshuman Jain e Jurgen Fitschen (quest'ultimo è attualmente co-ad uscente dell'istituto), l'ex capo dell'ufficio rischi Hugo Banziger e Stefan Krause, ex direttore finanziario ed ex membro del board di Deutsche Bank.

La manipolazione dei mercati

Secondo i pm di Trani, mentre comunicava ai mercati finanziari la sostenibilità del debito sovrano dell'Italia, l'ex management di Deutsche Bank nascondeva agli stessi mercati e al ministero dell'Economia italiano la reale intenzione dell'istituto di ridurre drasticamente e nel brevissimo termine (nel primo semestre 2011) il possesso di titoli del debito italiano in portafoglio che a fine 2010 ammontava a otto miliardi di euro. "La vendita massiccia dei titoli di Stato italiani per oltre sette miliardi di euro entro giugno 2011 - ha spiegato il pm Ruggiero - ha alterato il valore di mercato dei titoli stessi perché è stata fatta violando la normativa in vigore". L'operazione venne giustificata "falsamente" a posteriori (nell'informativa periodica del giugno 2011) con la necessità di ridurre la sovraesposizione del gruppo al rischio sovrano dell'Italia, a seguito dell'acquisizione di Postebank di fine 2010. Nello stesso periodo, Deutsche Bank acquistò circa 1,4 miliardi di Credit Default Swap (Cds) di copertura sull'esposizione al rischio Italia.

"Il mercato e gli operatori - sostiene il pm Ruggiero - interpretaro la massiccia e repentina riduzione dell'esposizione della banca al rischio Italia come un chiaro segnale di sfiducia del gruppo nei confronti della tenuta del debito sovrano italiano".

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