Cronache

Non arruolate il pontefice

Non arruolate il pontefice

Quello di tirare per la tonaca papa Francesco ormai è uno sport nazionale. Tutti commissari tecnici di calcio, tutti interpreti autentici di Bergoglio. Ieri mattina il pontefice consegna un messaggio a un meeting che si tiene in Vaticano sul fine vita in cui ribadisce il no all'eutanasia citando un modernista come Pio XII e un documento rivoluzionario chiamato Catechismo della Chiesa cattolica e il fronte trasversale in difficoltà nel fare approvare la legge sul biotestamento lo arruola immediatamente tra gli adepti. Da Cappato a Cicchitto i dormienti si risvegliano: «Anche il Papa vuole la legge entro la fine della legislatura». Fieri anticlericali si riscoprono papisti e perfino i grillini, dopo l'incontro tra Luigi Di Maio e il cardinale Pietro Parolin a Washington, s'inginocchiano in San Pietro: «Il Parlamento faccia il suo dovere».

Ovviamente nel messaggio bergogliano non c'è nessun riferimento alla legge italiana. L'invito di Bergoglio alle «società democratiche» è di affrontare «con pacatezza» questi temi, «ben disposti a trovare soluzioni - anche normative - il più possibile condivise». Nessun muro contro muro, quindi, ma l'invito a «tutelare tutti i soggetti coinvolti».

Il «comandamento supremo», secondo Bergoglio, è quello della «prossimità responsabile», cioè «non abbandonare mai il malato». Non lasciarlo solo. L'avvicinarsi alla morte, il momento supremo della vita, dev'essere affrontato «riconoscendo il limite che tutti ci accomuna». Cioè non procurare la morte ma accettare di non poterla impedire. Accompagnare «senza aprire giustificazioni alla soppressione del vivere». E una denuncia, questa sì senza precedenti, contro l'«ineguaglianza terapeutica»: i trattamenti medici sono sempre più costosi e accessibili a una minoranza di privilegiati.

L'accanimento terapeutico non è mai stato un dogma. Lo rifiutò perfino un sovversivo progressista chiamato Giovanni Paolo II, che accettò la malattia e si curò finché fu possibile, ma all'ultimo non volle essere ricoverato al Gemelli: preferì morire nel suo letto in Vaticano. «Se ci fosse stata una terapia con una ragionevole possibilità di efficacia noi l'avremmo proposta e sono convinto che egli l'avrebbe accettata», ha raccontato il professor Rodolfo Proietti, il medico di Wojtyla che lo ebbe in cura fino all'ultimo.

E il Papa santo a chi gli era vicino disse: «Lasciatemi andare».

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