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"È una norma europea a difesa dell'ambiente Ai cittadini non costerà più di 3 euro l'anno"

Versari, presidente dell'associazione di categoria, spiega il prelievo sugli shopper

"È una norma europea a difesa dell'ambiente Ai cittadini non costerà più di 3 euro l'anno"

Roma Il settore degli imballaggi plastici compostabili in Italia vale oltre 350 milioni di fatturato e dà lavoro a circa 4mila addetti impiegati dalle oltre 150 aziende del comparto. L'introduzione del contributo fisso sui sacchetti dell'ortofrutta ha generato alcune polemiche sulle quali Marco Versari, presidente di Assobioplastiche che riunisce e aziende del settore vuole fare chiarezza.

Presidente Versari, perché da ieri è in vigore questo nuovo tributo?

«Assobioplastiche rappresenta oltre il 90% delle resine prodotte nel mondo associando multinazionali come Basf, Biofed e gruppo Sphere. L'Italia, sin dal 2006, ha emanato un complesso di norme innovative e intelligenti che integrano la raccolta differenziata dell'umido con le bioplastiche. Stiamo producendo e consumando troppe buste della spesa che non sempre si possono riciclare e vengono. L'obbligo di utilizzare sacchetti biodegradabili per le buste della spesa, introdotto dal ministro Prestigiacomo, ha creato una discontinuità fortissima nel mercato dando slancio alle industrie occidentali nella produzione di un oggetto che veniva in gran parte prodotto in Paesi dell'Estremo Oriente come Cina, Taiwan, Corea e Vietnam»

Perché si è giunti a imporre una sorta di minitassa?

«La direttiva Ue, approvata nel 2014 con una forte partecipazione ei parlamentari italiani a partire dall'onorevole Gardini (di Fi; ndr), si basa sulla diminuzione dei consumi obbligando gli Stati membri e a fare in modo che le buste venissero pagate. In merito ai sacchetti dell'ortofrutta il recepimento è stato effettuato con il decreto Mezzogiorno perché il nostro Paese era in ritardo sui sacchetti dell'ortofrutta e rischiava pesanti multe. In ogni caso, non si tratta di una tassa, ma di un obbligo comunitario perché il cittadino deve cessare di pensare che questi sacchetti siano senza valore e che non rappresentino un problema ambientale».

Che risvolti ci saranno per i consumatori e per le aziende del settore?

«Innanzitutto stiamo parlando di 8-10 miliardi di pezzi la cui produzione sarà esclusivamente italiana determinando grandi investimenti e la creazione di nuovi posti di lavoro. La tecnologia delle bioplastiche, infatti, valorizza l'industria italiana. Per quanto riguarda i cittadini, posso affermare che non ammetteremo in nessun modo speculazioni. Siamo in contatto con le associazioni dei consumatori cui abbiamo chiesto di segnalare eventuali comportamenti scorretti che sarebbero inaccettabili anche perché sarebbero le aziende a essere penalizzate. Molte catene di supermercati si posizioneranno nella fascia di prezzo 1-2 centesimi e, poiché il consumo medio annuo è di 100-150 sacchetti a testa, parliamo di un impatto che oscilla tra 1 e 3 euro a persona».

Ma non è un «aiutino» alle vostre aziende?

«Sono regole europee. Una multinazionale nostra associata come Basf non permetterebbe la creazione di asimmetrie tra i diversi mercati. Da parte nostra devo sottolineare che questa normativa europea ha reso la tecnologia italiana leader in Francia e in Spagna. Infine ricordo che tutti i governi che si sono succeduti dal 2006 a oggi si sono adoperati per questa legislazione».

Ma non si potevano favorire anche le meno costose plastiche oxo-degradabili?

«È polietilene normale con l'aggiunta di un additivo: non rispetta gli standard ambientali. Sono produzioni cinesi spesso introdotte surrettiziamente sul mercato.

Ecco perché occorre far rispettare la nuova legge».

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