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Nove ore di tensione poi la Cassazione decide: "Berlusconi assolto"

I giudici in camera di consiglio dal primo pomeriggio: a mezzanotte il verdetto che mette definitivamente a tacere l'accanimento delle procure

Nove ore di tensione poi la Cassazione decide: "Berlusconi assolto"

Questa volta è definitivo: l'assoluzione piena di Silvio Berlusconi nel processo Ruby viene confermata dalla Cassazione alla fine di nove ore di camera di consiglio.

Il giorno del giudizio si conclude così, in piena notte, dopo l'udienza iniziata alle 11 di mattina e le porte della camera di consiglio che si sono chiuse alle 15. I cinque giudici della sesta sezione penale, presieduta da Nicola Milo, hanno discusso a lungo sulla sentenza che conferma quella della Corte d'Appello di Milano del 18 luglio 2014. Cadono, dunque, ambedue i reati contestati all'ex Cavaliere, concussione e prostituzione minorile, che in primo grado era stato condannato a 7 anni. Il ricorso, per i legali dell leader, Franco Coppi e Filippo Dinacci, in realtà era inammissibile, perché presenta una diversa ricostruzione del fatto.

Nell'aula del Palazzaccio, accusa e difesa fanno a gara nel citare film famosi e personaggi dei Promessi Sposi , per spiegare la natura dell'intervento di Berlusconi in favore di Ruby, quella sera del 2010, da due prospettive opposte. «Per togliere la giovane marocchina dalle grinfie della polizia - insiste il pg Eduardo Scardaccione, che chiede di annullare l'assoluzione - ci voleva il Nibbio, il rapace dei Bravi. Il suo era un ordine, come l'abuso costrittivo dalla geometrica potenza, che ghiaccia il cuore e la mente dei funzionari della questura di Milano, per ottenere un risultato illecito. Questa è concussione per costrizione». Macché intimidazione, ma quale minaccia, per Coppi neppure il «lontano sentore» di danni o vantaggi futuri nella breve telefonata dell'allora premier da Parigi al capo di gabinetto Pietro Ostuni. Diversa la situazione, spiega il principe del foro (che la sua arringa la fa seduto, dolorante e con una fasciatura al braccio destro), da quella in cui ai bravi manzoniani per impedire l'unione tra Renzo e Lucia basta una frase che pesa, quella sì, come ordine: «Questo matrimonio non s'ha da fare». Se il Pg ricorda la comicità dei film di Mel Brooks, per dire che «il mondo ci ha riso dietro sulla storia della nipote di Mubarak», il professore cita Il Padrino e «l'offerta che non può essere rifiutata» delle bottiglie di vino al perito, per costringerlo a seguire il volere del boss. «In questo caso, invece, la sentenza d'appello - dice Coppi - esclude che ci sia stata minaccia, esplicita o implicita, tale da annullare la volontà di Ostuni. Se ci fu “timore reverenziale” è diverso, non configura il reato di concussione. Quella sera è stata rispettata la prassi dell'affido a Nicole Minetti, le normali regole per i minori». Dunque, il fatto non sussiste, come dicono i giudici d'appello, annullando la condanna.

L'altra imputazione, di prostituzione minorile, parte dalla consapevolezza di Berlusconi dell'età di Ruby, 17 anni. Per il Pg l'ex premier sapeva e coltivava così la sua predilezione per le minori, la «passione del drago» di cui parlò l'ex moglie Veronica. Cita la frase di Ruby, su un'altra giovanissima: «Noemi è la sua pupilla e io il suo “fondoschiena”». La prova di questa consapevolezza di Berlusconi, replica Coppi, non c'è. Non basta sostenere che l'età la conosceva Emilio Fede, per aver mesi prima visto la ragazza a un concorso di bellezza in Sicilia, ergo doveva averl a rivelata al leader. Né citare l'affido, tipico dei minori, perché «l'idea» non è certo di Berlusconi. Dunque, il fatto non costituisce reato, come dice la seconda sentenza. Il duello tra Coppi e Scardaccione è durissimo. Il primo calca la mano e conia immagini retoriche d'effetto e il secondo, lodandone «l'ammirevole» requisitoria segnata da «qualche ingenuità», la demolisce perché gli argomenti sono pregiudizievoli e non intaccano in nessun punto la motivazione dell'assoluzione. Che «regge» a tutte le critiche, per la «logica» e il «rigore».

Lo leggeremo nella motivazione della sentenza.

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