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Oggi si decide il destino di Schengen. Atene rischia

Forti pressioni della Germania per escludere la Grecia: "Non fa i controlli"

Oggi si decide il destino di Schengen. Atene rischia

«Fuori la Grecia». No, non è un deja vu. Non parliamo di soldi e finanze, ma di migranti. Poco importa. Per l'Europa il grande imputato è sempre lo stesso. La Grecia colpevole, fino a pochi mesi fa, di aver truccato i conti è la stessa Grecia accusata oggi di non schedare e registrare i migranti. La Grecia sospettata di lasciarli passare in Macedonia. La Grecia colpevole di non chiudere i cancelli di quella «rotta balcanica» diventata la direttrice del nuovo assedio al Vecchio Continente.

L'autodafè di Atene, il suo isolamento, la sua esclusione dal trattato di Schengen potrebbe venir deciso oggi durante il summit dei ministri degli interni dei 28 convocati ad Amsterdam, capitale della Presidenza di turno dell'Unione. Un autodafè già annunciato ieri dalla ministra degli interni di Vienna Johanna Mikl-Leitner. «Se il governo di Atene non si deciderà a fare di più per garantire la sicurezza dei suoi confini - spiega Mikl-Leitner in un'intervista - bisognerà discutere apertamente l'espulsione temporanea della Grecia dall'area Schengen».L'espulsione temporanea di una Grecia allo stremo sarebbe la diretta conseguenza delle pressioni di Belgio, Svezia, Danimarca e Germania. In assenza di misure alternative le quattro nazioni pretenderebbero, infatti, la reintroduzione dei controlli alle frontiera per un periodo di oltre un anno e mezzo a partire dal prossimo maggio. La misura equivarrebbe, di fatto, a far saltare l'intero sistema di Schengen innescando il ripristino di controlli e oneri doganali capaci di affossare l'economia europea.

Ma a tirar fuori il classico coniglio dal cilindro ci pensa il premier sloveno Miroslav Cerar. Secondo le rivelazioni del Financial Times Cerar propone agli omologhi europei di abbandonare al proprio destino Atene mettendo a punto, invece, un piano di «aiuto diretto» alla Macedonia per consentirle di bloccare i «migranti irregolari in arrivo dalla frontiera greca». Un aiuto diretto concepito come «assistenza diretta aggiuntiva» al governo di Skopje, attraverso l'invio di polizia, mezzi ed equipaggiamento «per consentire il rafforzamento dei controlli, evitare gli attraversamenti irregolari» e «alleviare in modo significativo e in pochi giorni il peso sui Balcani occidentali».Insomma pur di salvare una Germania ormai incapace di bloccare il grande esodo innescato e sollecitato mesi fa dalla Cancelliera Angela Merkel i partner europei sono pronti a mandar al rogo uno dei propri Stati membri accusandolo di non far abbastanza per registrare i migranti. Un colpo di coda che deve far molto riflettere il nostro governo. Soprattutto dopo l'apertura della procedura d'infrazione per la mancata identificazione dei rifugiati che accomuna il nostro Paese alla Grecia e rischia di trasformarci nel prossimo reprobo da accusare ed isolare.

Certo di fronte al sacrificio annunciato della Grecia vien da chiedersi cosa pensino le lungimiranti autorità europee dei tremila rifugiati lasciati quotidianamente andare a mare dalle autorità turche. Come valutino l'indifferenza di un'Ankara, candidata all'Europa, che - dalla scorsa estate - non muove un dito per fermare l'esodo. Come giudichino la condotta di un Erdogan che - dopo aver innescato ed alimentato il conflitto siriano - ne scarica sull'Europa le scorie umane. E soprattutto come pensino di fare fronte all'evidente malafede di un Paese che - dopo aver spalancato le porte ai terroristi diretti in Siria - permette agli stessi terroristi di riattraversare i propri territori, mescolarsi ai rifugiati e raggiungere le metropoli europee attraversando la rotta balcanica. Una Turchia che oggi - dopo aver cercato di estorcere all'Europa tre milioni di euro promettendo a fine ottobre un abbozzo di controlli alle frontiere - fa già sapere di non essere soddisfatta e di esser pronta ad esigere rimborsi aggiuntivi. Ma nell'Europa dei burocrati forti solo con i deboli tutto questo non conta nulla.

Come un mostro affamato e perverso l'Unione Europea da una parte divora se stessa, dall'altra alimenta e ingrassa chi le ha dichiarato guerra e si prepara ad annientarla a colpi di rifugiati.

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