Cronache

"Ognuno si vesta come crede purché non si nasconda il viso"

Il sociologo delle religioni: "Si applichino le leggi vigenti"

"Ognuno si vesta come crede purché non si nasconda il viso"

Massimo Introvigne, fondatore e presidente del Cesnur (il torinese Centro studi sulle nuove religioni) è uno dei più importanti sociologi delle religioni e dei nuovi movimenti religiosi. In questa intervista volante risponde ad alcune nostre domande sul tema del momento, il burkini.

Professor Introvigne, allora, burkini sì o burkini no?

«Trovo un po' ridicola la campagna di Francia contro il burkini, visto come si vestono molti dei partecipanti ai Gay Pride (non di rado patrocinati e finanziati dalle laicissime autorità francesi) e vista anche la folta presenza di spiagge nudiste in terra di Francia. Il governo Hollande, dati i recenti accadimenti causati dal terrorismo jihadista sul suolo francese, prova a fare il muscolare, ma a mio avviso sta sbagliando bersaglio».

Gli italo-islamici postano foto di suore cattoliche che si bagnano le gambe in mare indossando il velo e l'uniforme religiosa.

«Forse lo facevano negli anni Cinquanta. Oggi le suore, se vanno al mare, si mettono in costume. Senza considerare che la nuova moda tra le suore, specialmente quelle americane, è vestirsi in borghese anche d'inverno, senza velo e con le teste acconciate dal coiffeur. Tuttavia, chissà perché, nessuno ha ricordato che le donne ebree ultraortodosse (che non sono certo poche e sono presenti in tutto il mondo) vanno in spiaggia e in piscina completamente coperte. Il loro, ovviamente, non si chiama burkini ma, letteralmente, «costume modesto». Sospetto, tra l'altro, che l'inventrice (un'australiana di origine libanese) del cosiddetto burkini vi si sia ispirata. Tra parentesi, la sua creazione è protetta da copyright».

Perché, secondo lei, molte donne islamiche ci tengono tanto?

«Un mio collega sociologo, marocchino, ha condotto a suo tempo un'indagine discreta sul tema. Al suo Paese, più spesso di quanto si creda, le madri delle ragazze che vanno in spiaggia in burkini si comportano diversamente. Anzi, la sua indagine (ripeto, discreta e coperta da anonimato delle fonti) evidenziò che la percentuale di vergini tra le ragazze, nubili, in burkini era molto bassa. Ritengo che si tratti di una rivendicazione identitaria, più che altro. Nulla di religioso, insomma».

Che cosa suggerisce?

«Feci parte a suo tempo di una commissione di studio, sulla presenza musulmana in Italia e voluta dalla Regione Lombardia, le cui conclusioni e suggerimenti finirono sul tavolo del ministero dell'Interno. Ribadisco quel che dissi allora. Le leggi ci sono e non abbiamo bisogno di aggiungerne altre. Esse riguardano, semmai, il travisamento soprattutto del volto, che è, giustamente, vietato pure negli stadi. Detto questo, uno ha diritto di vestirsi come gli pare, contento lui...

E dovunque gli pare, sia per ragioni religiose, sanitarie o semplicemente personali. La polemica attuale sul burkini è, tutto sommato, oziosa»

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