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Le Ong sfidano il governo: "Non rispetteremo i limiti"

I talebani dell'accoglienza contro le nuove regole. E ripartono: "Vale solo il diritto internazionale"

Le Ong sfidano il governo: "Non rispetteremo i limiti"

Le Ong si ribellano al decreto del governo che riguarda le loro discutibili attività in mare considerandosi al di sopra della legge.

I tedeschi di Sea Eye invocano addirittura l'intervento della Germania. Medici senza frontiere annuncia la ripartenza della loro nave spiegando che rispondono solo alle convenzioni internazionali. Emergency, con la nave che batte bandiera panamense, si rifiuta di raccogliere le richieste di asilo dei migranti recuperati.

Geo Barents, la nave di Msf salperà da Augusta il 31 dicembre per portarci altri migranti, anche se non scappano da paesi in guerra. Il capo missione è Juan Matias Gil. Quando l'allora ministro all'Interno Matteo Salvini voleva bloccare la nave di Open arms twittava: «La Ong spagnola fa vedere il lavoro sporco ed inumano dei governi libico ed italiano». Oggi si scaglia contro l'esecutivo Meloni e dichiara: «La strategia del governo ha l'obiettivo di ostacolare le attività di ricerca e soccorso delle Ong. Salvare vite umane è il nostro imperativo ed è un obbligo sancito da tutte le convenzioni e le leggi internazionali. Per questo continueremo a farlo».

I più spudorati sono i talebani dell'accoglienza tedeschi. Annika Fischer annuncia che «Sea-Eye non seguirà alcun codice di condotta illegale o qualsiasi altra direttiva ufficiale che violi il diritto internazionale o le leggi dello Stato di bandiera, nel nostro caso la Germania».

Quando il governo sostiene che dovrebbero sbarcare i migranti in Germania, lo Stato di bandiera non conta. Adesso, per opporsi al decreto, si aspettano «che il governo tedesco tuteli le organizzazioni di soccorso in mare dal comportamento illegale delle autorità italiane e ci sostenga con decisione in caso di conflitto».

Emergency con l'ammiraglia Life support, batte bandiera panamense. E si oppone al decreto sottolineando il niet all'obbligo da parte dello staff della nave a «raccogliere l'eventuale interesse dei superstiti di chiedere asilo, affinché sia il Paese bandiera della nave a farsi carico delle richieste di protezione internazionale». Come se fosse la corte di Cassazione spiega che secondo le linee guida dell'Organizzazione internazionale marittima «qualsiasi attività al di fuori della ricerca e salvataggio deve essere gestita sulla terra ferma dalle autorità competenti e non dallo staff delle navi umanitarie». In pratica dà ordini al governo.

Veronica Alfonsi, di Open arms, denuncia senza timore del ridicolo, che il vero obiettivo è fermare i testimoni «delle violazioni dei diritti quotidiane e reiterate che l'Europa compie in accordo con Stati illiberali, con dittature, con regimi, ai quali peraltro continua a dare un mucchio di soldi pubblici». Il riferimento è alla Libia, ma le Ong del mare non si pongono mai il problema di agire come pull factor per la gioia dei trafficanti di esseri umani.

I fiancheggiatori della Chiesa sono subito scesi in campo. Tonio Dell'Olio, sacerdote e attivista della non-violenza, ex coordinatore nazionale di Pax Christi, non ha dubbi: «Nel Paese che ha il triste primato delle mafie più potenti del mondo il decreto sicurezza criminalizza chi presta soccorso ai disperati che scappano da mafie, guerre e fame».

E spunta pure Vittorio Alessandro, ammiraglio in congedo della Guardia costiera, che fa parte di un «Comitato diritto al soccorso» in compagnia di Luigi Manconi, Armando Spataro, Vladimiro Zagrebelsky. Per l'ex alto ufficiale il decreto «soffoca in una logica da taxi del mare l'ingegno generoso del salvataggio marittimo.

Dice il governo che così diminuiranno le partenze, ma non è vero: la gente continuerà a partire sempre, come può. Saranno gli arrivi a ridursi». Non sarebbe una cattiva idea: ieri siamo arrivati a 103.601 sbarchi da gennaio, compresi gli oltre 11mila delle Ong.

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