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Ora basta con l'ipocrisia della "protezione"

Ora basta con l'ipocrisia della "protezione"

Si chiama «protezione umanitaria», l'ha voluta Romano Prodi ed è oggi il principale grimaldello per forzare le regole europee sull'immigrazione impedendo la cacciata dall'Italia di decine di migliaia di migranti tra cui si nascondono criminali e terroristi. Prendiamo Alagie Touray, l'immigrato del Gambia pronto a far strage nelle nostre città su ordine dell'Isis. Era arrivato dalla Libia l'anno scorso su un barcone. E come altri 130mila ex-compagni di viaggio sbarcati nel 2017 aveva subito chiesto asilo. Ovviamente non aveva i titoli per vedersi riconosciuto lo status di «rifugiato». E non poteva neppure sperare nella «protezione sussidiaria» garantita a chi rischia la persecuzione se rispedito in patria. Non ricadeva, insomma, nelle due categorie che per la Convenzione di Ginevra garantiscono la tutela di un migrante. Ma nel Belpaese chi non merita né asilo, né protezione internazionale, può sperare in una terza via, tutta italiana, chiamata «protezione umanitaria». Sconosciuto in gran parte dell'Europa quest'istituto giuridico è stato introdotto in Italia nel 1998 dal governo di Romano Prodi. Rilasciata dal questore su raccomandazione delle commissioni territoriali la «protezione umanitaria» dura 2 anni, è rinnovabile e può essere convertita in permesso di soggiorno per lavoro. Grazie a questa peculiarità è oggi il principale grimaldello usato dalle associazioni pro-migranti finanziate da George Soros per scardinare le regole europee e garantire la permanenza in Italia di decine di migliaia di «irregolari» destinati a venir rispediti al Paese d'origine. E alla protezione umanitaria guarda la lobby pro-migranti per far passare quel concetto di sfollato in fuga dai cambiamenti climatici che imporrebbe di accogliere chiunque arrivi dall'Africa. Per capire quanto questo cavillo legislativo incida già oggi sull'accoglienza bastano i dati. Nel 2017 a fronte di 82mila domande d'asilo esaminate (su 130mila presentate) lo status di «rifugiato» è stato riconosciuto solo all'8,4 per cento dei richiedenti. E anche la protezione sussidiaria è stata concessa soltanto nell'8 per cento dei casi. Dunque se il metro fosse la Convenzione di Ginevra sarebbero rimasti in Italia solo 13.500 migranti. A far la differenza è stata una protezione umanitaria dispensata al 25 per cento dei richiedenti. Grazie a essa oltre 20mila soggetti privi di diritto all'accoglienza, come l'apprendista terrorista Touray, si sono visti riconoscere un permesso di soggiorno e la possibilità di restare in Italia per due anni. Ma se alle 20mila protezioni umanitarie concesse nel 2017 aggiungiamo i 18.979 casi del 2016, i 15.768 del 2015 e i 10.034 del 2014 allora gli irregolari accolti senza alcun titolo diventano quasi 70mila.

Quanto basta per pretendere dal futuro governo, qualunque esso sia, l'immediata cancellazione di un cavillo giuridico che favorisce l'immigrazione irregolare e ostacola la prevenzione di criminalità e terrorismo.

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