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Quei cristiani ammazzati che non fanno più notizia

Dodici «infedeli» gettati in mare dai profughi musulmani. E noi soccorriamo i killer

Quei cristiani ammazzati che non fanno più notizia

Perché meravigliarsi? Quindici musulmani avrebbero annegato, scaraventandoli in mare, dodici cristiani. Dov'è la notizia? Normale nel mondo. È raro come un cane che morde un uomo. Secondo le statistiche più accreditate sono 323 al mese i cristiani uccisi ogni mese. Dunque quei dodici ammazzati per la loro fede sono sotto la media di un giorno qualunque del mese di aprile.

Usiamo il condizionale perché bisogna essere garantisti sempre, anche con questi quindici presunti profughi per ragioni politiche, accolti amorevolmente dall'Italia e confluiti su tre navi a Palermo, rifocillati, accuditi, e in fine arrestati dinanzi a testimonianze schiaccianti.

Fuggivano dalla guerra. Ma era la guerra che hanno dato loro ai cristiani. E ora, sulla base di una guerra scatenata dai loro sodali, riescono a farsi salvare dalle nostre navi, ospitare nei nostri centri di accoglienza e poi negli hotel, trattati come povere vittime.

Che cosa c'è di strano? Immaginiamo la «rissa» di cui forniscono notizia altri profughi, i quali non hanno alcun interesse a mentire, perché saranno certo oggetto di vendetta. Avranno probabilmente pregato insieme, quei cristiani. Come i 24 copti assassinati dai guerrieri del Califfo in Libia in gennaio, sgozzati mentre pronunciavano il nome di Cristo. I compagni di viaggio dei cristiani, non si saranno uniti alle loro preghiere, si saranno stretti tra loro, e la masnada si sarà sentita offesa, li avrà accusati di blasfemia. E per questa colpa non bastano le percosse: la pena è la morte. Come quella che ha colpito un ragazzino di 14 anni in Pakistan, il decimo assassinato ieri, tanto per far tornare la media, bruciato vivo da una folla di assassini in nome di Allah, la stessa gente che ha gettato in una fornace dopo la solita «rissa» Shahzad Masih e sua moglie Shama, 26 e 24 anni. Lei era incinta. I due sposi cristiani lavoravano nella fabbrica di mattoni. 400 belve feroci, provenienti da più villaggi, li hanno circondati, afferrati e gettati nel forno. Processo popolare islamico: erano stati rinvenuti alcun oggetti appartenuti al defunto padre di Shahzad, tra cui sono stati ritrovati frammenti carbonizzati di una paginetta del Corano. Sentenza eseguita. Mentre è ancora in carcere in attesa di impiccagione Asia Bibi, da 4 anni detenuta nella stanza della morte: accuse simili. Il marito è stato ospite del nostro Parlamento, ma il governo non alza un dito, non ritira ambasciatori, mica siamo turchi.

Proviamo a immaginare ancora la storia culminata nell'orrore del barcone, intanto che le indagini stanno chiarendo le circostanze della strage. Sulle coste della Libia ecco la selezione tra chi deve partire, i cristiani fuggiti dalla Siria e dall'Irak, gli eritrei in fuga dal regime musulmano, dopo la traversata del deserto, vengono mescolati a islamici, future quinte colonne, certo ci sono anche musulmani più quieti. I miliziani legati al Califfato o a qualche altro imam scotennatore prendono denaro e impongono abiure, li mettono nelle mani di loro confratelli islamisti perché li sorveglino, cerchino ancora di estorcere loro altro denaro, e per sicurezza li ammazzino. Molti di questi cristiani arrivati sulle coste, erano stati fatti prigionieri e tenuti in ostaggio dai beduini del Sinai, ormai aggregati al Califfato.

Non accetto si dica che è una guerra tra disperati. Non esiste. La molla dell'omicidio non è stata la condizione di abbandono estremo su un battello scalcagnato. C'è stata la cura nello scegliere quelli da individuare come zavorre. Un criterio mistico di crudeltà coranica.

Lo sappiamo che esistono molti islamici buoni. La questione è che lasciano fare gli islamici che non saranno buoni di carattere ma certamente sono buoni credenti coranici.

Citando il loro testo sacro si sono già assolti. Infatti: «Non siete stati voi a ucciderli, ma è Dio che li ha uccisi» (Sura VIII versetto 17).

Dopo questo pieno di sacrosanta indignazione che questo assassinio di massa, perpetrato in acque italiane, fa sorgere in chiunque abbia sangue nelle vene, mi imbatto nella voce e nelle immagini di una ragazzina cristiana, chissà forse anche lei salita sui barconi. È un servizio realizzato ai primi di marzo dall'emittente Sat 7 Arabic tra i cristiani iracheni fuggiti da Qaraqoush per le violenze dell'Isis. È sottotitolata in italiano, a parlare è Myriam. «Dio ci ama e non ha permesso che l'Isis ci uccidesse. Lui ama anche coloro che ci fanno del male e ci hanno cacciati da casa». L'intervistatore stupito vorrebbe trovare parole di rabbia, la incalza. «Non chiedi accada loro del male?». Myriam risponde con voce pura: «Lui li ama, non ama satana. Non voglio far loro niente, chiedo solo a Dio di perdonarli. Io non voglio ucciderli. Perché ucciderli?». Capisco che chi odia voglia ammazzare gente così.

Io non sono capace, ma sono bambine così che sconfiggeranno l'Isis e tutti gli assassini.

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