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Ora non fateci sentire in colpa per quei morti

Gli immigrati vorrebbero essere accolti in strutture belle e attrezzate. Ma se in Italia si sta male, perché vengono qui?

Ora non fateci sentire in colpa per quei morti

Certi naufragi, ormai all'ordine del giorno, non aiutano gli italiani a rinfrancarsi il morale. Il bollettino quotidiano degli annegati in Mare nostrum è raggelante anche per chi si sia cucito addosso un abito di cinismo. Personalmente, quando in tivù scorrono le immagini di uomini, donne e perfino bambini tratti in salvo dalle onde, devo deglutire per non farmi sorprendere dalla strozza. Tutti abbiamo un cuore, talvolta malandato. E ci chiediamo cosa potremmo fare per evitare il ripetersi scoraggiante di tante tragedie, tutte uguali.

Data l'inesistenza di una soluzione radicale, chiunque - politici, opinionisti, militari, vigili urbani e avventori del bar Commercio - si esercitano in proposte, comprese le più stravaganti: dal blocco navale (dove?) alla distruzione dei barconi in procinto di salpare, e mi fermo qui per pudore. Da anni siamo alle prese col problema e non siamo mai riusciti a passare dalle parole ai fatti, se si escludono i respingimenti maroniani, efficaci sino a che non abbiamo avuto l'idea astuta di dichiarare guerra alla Libia e di far secco Gheddafi, l'unico che tenesse in pugno (di ferro) la situazione.

Adesso addirittura Matteo Renzi si è accorto della necessità di intervenire e ha pensato di neutralizzare gli scafisti, uno dei quali - per sottolineare la sciatteria della nostra burocrazia - è sopravvissuto all'affondamento di un battello e si è scoperto essere un rifugiato in Italia, con regolare permesso di soggiorno. Invece di lavorare, si arricchiva quale trasportatore e trafficante di esseri umani. Un mestiere redditizio. A costui che punizione infliggeremo? Tre settimane di carcerazione preventiva, poi la libertà provvisoria, quindi chi si è visto si è visto. Solidarietà, generosità e ospitalità sono i sostantivi più abusati nella presente congiuntura. Costa poco apparire buoni, ancor meno buonisti. Ma i connazionali costretti a dividere il poco che hanno con una massa crescente di immigrati, prevalentemente islamici, dopo un periodo di sopportazione cominceranno a protestare e faranno la figura dei cattivoni o dei leghisti salviniani, che è anche peggio.

Naturalmente la predica non muta mai: accogliere i disperati, dare da bere agli assetati e da mangiare agli affamati. Ogni tanto rispolveriamo il Vangelo, i cui principi ci convincono in teoria; in pratica però preferiamo che ad applicarli siano gli altri, il popolo che mugugna e spesso impreca perché prima dell'invasione campava male e ora non campa più. Pretendere da un Paese in bolletta, ricco solo di disoccupati e di sottopagati, che sia pronto a soccorrere migliaia di africani e similari, e a farlo senza brontolare, è assurdo.

I benpensanti di sinistra e i cattolici di facciata guardano con disprezzo a chi non tollera i rom e i clandestini. Basta leggere i giornali e seguire la tivù per comprendere che i padroni dell'informazione e gli inquilini del Palazzo, oltre a dire che ha ragione il Papa nel predicare che bisogna aiutare i poveracci, non sanno fare alcunché: sono impotenti, hanno il terrore di cadere nel politicamente scorretto. I commenti degli editorialisti inducono i lettori o gli ascoltatori a coltivare sensi di colpa. Il cittadino medio è colto dal dubbio: non sarà che sono egoista perché non cedo una stanza del mio appartamento a una famigliola di colore? Ingenuità beata. Bergoglio e Mattarella hanno sbarrato la porta delle loro nobili dimore. Già. Sentirsi in colpa sta diventando il denominatore comune della nostra gente. Se poi si aggiungono le critiche all'Italia piovute da ogni parte (dall'Europa inerte agli indignati Stati Uniti), c'è da perdere la trebisonda.

Gli stessi immigrati si innervosiscono facilmente: lamentano un trattamento poco riguardoso nei loro confronti. Ambirebbero a essere accolti in strutture più attrezzate, belle, capaci di fornire cibo di qualità. Magari hanno pure ragione dato che a gestire l'accoglienza sono cooperative (mafiose?) abili nella speculazione sui poveracci. Tutti ci sgridano e noi ci scusiamo balbettando. Forse sarebbe sufficiente dire: cari amici, se in Italia si sta tanto male, perché venite qui?

Al governo suggeriamo di fare un salto in Spagna, che è più vicina all'Africa dell'Italia, o in Australia (di tradizione culturale anglosassone), per verificare quale sia il metodo migliore allo scopo di non farsi assaltare dai profughi. Spagna e Australia infatti non sono mete gradite a costoro.

Perché? Aprire gli occhi.

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