Politica

Ora riparte il cinema anti Cav

Da Repubblica alla Argento: è tornato il clima d'odio

Ora riparte il cinema anti Cav

Torna Berlusconi, torna il cinema antiberlusconiano. In fondo è stato una manna per tanti che ci hanno costruito una carriera, perché non dovrebbe esserlo di nuovo? Dopo più di 250 libri con argomento Silvio Berlusconi (calcolo del 2011, ora saranno di più) e una ricca filmografia - dal Caimano di Nanni Moretti alla Guzzanti - il soggetto è tornato a stimolare le menti creative italiane, visto che è tornato alla politica, col rischio pure che torni al governo. Il regista Paolo Sorrentino ha trovato proprio nel Cavaliere, e nella vecchia storia delle olgettine, l'ispirazione per il suo nuovo film. A Berlusconi, che pure aveva offerto la sua villa in Sardegna come set, «sono giunte strane voci che sia una aggressione politica nei miei confronti, spero che non lo sia». Ma il premio Oscar dice che più della questione politica, «mi interessa l'uomo che c'è alle spalle del politico, il mondo vede Silvio Berlusconi come una persona semplice. Ma studiandolo, ho capito che è molto più complesso». Il potente, i film sul potente, l'inevitabile dibattito sul ventennio (o siamo già passati al trentennio?) berlusconiano: un nastro che si riavvolge. Sarà un caso, ma anche a Repubblica - protagonista della campagna giornalistica di quei giorni, col format delle «dieci domande a Berlusconi» ripetuto ad oltranza - è tornata la voglia di indagare sulla vita di Gianpaolo Tarantini (chi? Massì, il maneggione pugliese che portava le ragazze), interpretato nel film da Riccardo Scamarcio. Oggi fa il commesso, a Ponte Milvio. Notizia che avrebbe rilevanza prossima allo zero, se non fosse ritornato trendy l'argomento Berlusconi. Che in effetti conquista la pregiata Amaca di Michele Serra, in prima pagina, sconvolto per la notizia che «il nome Berlusconi nel simbolo elettorale valga almeno due milioni di voti, dopo tutto quello che è successo».

Sarà pure questo un caso, ma anche ad Asia Argento è venuto in mente di buttarla nella caciara antiberlusconiana, come si faceva una volta, per le presunte molestie subite ad Hollywood dal produttore Weinstein. «Me ne vado dall'Italia! Anni di infame visione berlusconiana hanno portato all'umiliazione della donna...» si è sfogata l'attrice ospite della Berlinguer su Raitre - quindi un rigore a porta vuota - addebitando al Cavaliere le obiezioni che molti italiani osano avanzare sul suo status di povera vittima indifesa dell'«orco» hollywoodiano. Nel clima leggermente vintage del neo-antiberlusconismo tornato di gran moda, si inserisce anche un altro elemento retrò: l'ultima puntata della premiata serie «La trattativa», come la chiama Bordin sul Foglio. Ovvero, domani torna in aula a Palermo, nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, il boss mafioso Giuseppe Graviano, che secondo il pentito Spatuzza parlò dei rapporti fra Cosa nostra e Berlusconi. Il pm è Nino Di Matteo, che il M5s sogna come suo ministro dell'Interno. Il M5s, quello dell'emendamento anti-Berlusconi.

Il vecchio cinema già visto, ma non tradisce mai.

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