Politica

Ora tutti chiedono la testa del sindaco E il Pd si incarta

Le opposizioni compatte vogliono le dimissioni di Marino mentre i Dem, che prima dello scandalo non vedevano l'ora di scaricarlo, ora lo difendono: in caso di nuove elezioni perderebbero la poltrona

RomaE va bene, Marino sarà pure un marziano a Roma, sarà anche «una sega dal punto di vista organizzativo», come dicono al Nazareno, e la sua amministrazione avrà sicuramente «dei grossi limiti», come sostiene l'ex segretario romano Lionello Cosentino. Ma a questo punto, spiega Matteo Orfini, il sindaco non si tocca. «Lui e Zingaretti sono stati un baluardo contro il malaffare e quello che sta emergendo è anche dovuto alle loro denunce». Controvoglia, a malincuore, inghiottendo il rospo, i democratici fanno dunque quadrato attorno a Marino. Niente scioglimenti, nessun commissario perché tornare al voto significa consegnare il Campidoglio ai grillini. O Ignazio o il caos, non ci sono alternative.

La linea l'ha decisa Matteo Renzi, un altro che non ha mai troppo amato il chirurgo mezzo americano. L'aspetto paradossale della vicenda è proprio che, fino all'esplosione di Mafia Capitale, il premier non vedeva l'ora di liberarsi del marziano, aspettava solo l'occasione giusta. Ora è costretto a sostenerlo, senza però farsi notare, un maniera defilata, per separare le due immagini e quindi le sorti del governo se la situazione precipita. Marino, sembra di capire, sarà difeso fin quando sarà possibile, cioè se dalle indagini non emergerà un coinvolgimento diretto di personaggio più vicini all'uomo della Panda rossa. «Non ci sono le condizioni per lo scioglimento per mafia del Comune», puntualizza il presidente-commissario Orfini. Domani si vedrà.

E così per il momento sono tutti con Ignazio, anche chi è politicamente lontanissimo. Come il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che si candidò contro di lui alle primarie. «Marino è il sindaco eletto, io l'ho votato e deve restare. Non si può confondere la vergogna che sta emergendo con il suo ruolo. Il problema è fare pulizia e la magistratura per fortuna lo sta facendo». O come Cosentino, storico uomo forte del Pd romano e grande nemico di Marino. «Bisogna ringraziare il procuratore Pignatone e il sindaco, che sta cercando di dare una svolta alla politica nella Capitale. Con tutti i suoi limiti amministrativi, ha portato una rottura con la gestione Alemanno». E se il Pd l'ha combattuto, «è perché ha spezzato il clima di combine tra maggioranza e opposizione». L'unica voce parzialmente interna critica è quella del senatore Stefano Esposito, commissario del partito a Ostia: «Deve tagliare più teste, ci sono dirigenti iper pagati da rimuovere».

Tutto il Pd con Ignazio ma non significa che Ignazio sia saldo. Anche se lui a dimettersi non ci pensa proprio. «Io sono estremamente determinato ad andare avanti», dice, e intanto attacca la precedente amministrazione. «Noi oggi abbiamo dato il via all'acquisto di 700 autobus, mentre con la giunta Alemanno sono stati acquistati decine di filobus che non sono mai arrivati. In compenso sono arrivate le tangenti». Il sindaco incassa la solidarietà e il sostegno di tutta la giunta. «Marino è la vera novità della città», sostiene l'assessore ai Lavori pubblici Maurizio Pucci. Anche Sel conferma l'appoggio. Eppure l'astronave del marziano è sempre più appesa un filo.

La battaglia, oltre che politica, sta diventando anche giudiziaria. Luigi Di Maio, M5S, querela Orfini per una frase sul grillino Di Battista «idolo dei clan di Ostia», Giorgia Meloni e Gianni Alemanno invece in tribunale vogliono portarci il sindaco. Tutte le opposizioni chiedono la sua testa. Particolarmente attivi i Cinque Stelle, mentre Forza Italia, dopo una riunione dello stato maggiore del partito con Silvio Berlusconi, ha deciso per una linea garantista: Marino se ne deve andare non per i risvolti giudiziari ma per un fatto morale e perché non sa governare. Dice Renato Brunetta: «Lui e Zingaretti devono dare le dimissioni.

Non è più possibile che Roma, la Capitale di un Paese come l'Italia, sia sottoposta a queste tensioni e a queste pressioni».

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