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Orlando si spaccia per Macron. Ma con lui Palermo torna all'85

Re Leoluca si paragona al leader francese. Che aveva 8 anni quando lui diventava sindaco di una giunta Dc

Orlando si spaccia per Macron. Ma con lui Palermo torna all'85

Quel «modello Palermo», che dalla notte scorsa non smette di esaltare paragonandosi a Macron, più che nuovo sembra vintage. Eh sì, perché Leoluca Orlando V, re di Palermo fresco di incoronazione per la quinta volta e al primo turno col 46% (ma nel '93 la percentuale era il 73%, e la legge elettorale era quella sull'elezione diretta dei sindaci, niente trucco del 40% come quella siciliana attuale), non è esattamente di primo pelo. E non è che dire che la sua rielezione, parole sue nel delirio dei festeggiamenti, si inserisce nell'ondata europea di cambiamento rappresentata da Emmanuel Macron, lo trasforma in un politico rampante. Perché nel 1985, quando il piccolo Emmanuel aveva 8 anni, andava a scuola e non pensava di fondare En Marche e di approdare all'Eliseo, l'allora già trentottenne Leoluca Orlando sponsorizzato da un altrettanto giovane Sergio Mattarella all'epoca big della corrente morotea della Dc, era già Leoluca Orlando I sindaco di Palermo. E nel 1987, quarantenne allora come Macron oggi, sperimentò, allora sì, la giunta con dentro Dc e Pci. E questo sarebbe il vento di novità?

Difficile, quella seconda metà degli anni '80 e quel 1985 in particolare, nella Palermo in cui Leoluca Orlando I muoveva i primi passi da sovrano. Un anno di delitti eccellenti di mafia (proprio nel 1985 ad agosto il commissario Beppe Montana e il vicequestore Ninni Cassarà, la cui moglie, Laura, sarà assessore di Orlando sindaco della Rete nei primi anni '90) di grandi processi (c'è il rinvio a giudizio per le centinaia di boss coinvolti nel primo maxi processo, compresi i corleonesi Totò Riina e Bernardo Provenzano, allora semisconosciuti, oggi celebrità criminali). Anni difficili, ma ottima fucina per il giovane Leoluca Orlando I che proprio allora costruisce le basi del personaggio che gli riesce meglio: il paladino dell'antimafia che diventerà Leoluca Orlando II (1993), Leoluca Orlando III (1997), Leoluca Orlando IV (2012) e fresco di incoronazione oggi, Leoluca Orlando V.

Un Leoluca Orlando V in grande spolvero, 32 anni dopo, nel ruolo di «Io, vincitore come Macron». Lui, ex Dc sindaco nel 1985, lui, il rottamatore della Dc con la Rete negli anni '90, lui «'u sinnacu», il sindaco per antonomasia (sul web circola la battuta che quando tra cinque anni sarà costretto a non ricandidarsi si dovrà ritirare la fascia tricolore, come si fa con la maglia dei grandi campioni del calcio che smettono) che sembra più un monarca che un sindaco, coi partiti ha fatto l'Orlando, I, II, III IV e V: li usa a seconda del proprio tornaconto. Adesso gli conviene, anche per riconquistare una platea nazionale che ha perso smalto, il no simboli. «Il mio partito è Palermo», è il suo nuovo mantra. E i partiti, Pd in testa, hanno obbedito. La lista ibrida Pd-alfaniani, Alternativa popolare, è stata un capolavoro degno della vecchia Dc. Quella vecchia Dc con cui Leoluca Orlando I ha mosso i primi passi. Quella vecchia Dc con cui Orlando, nel 1985, ha creato un esacolore che, simboli di partito a parte, è identico a quello che lo sostiene oggi. Con buona pace dell'innovazione. E del povero presidente Macron, citato a sproposito da troppi. «Abbiamo respinto il ritorno al governo della mafia, Se la mafia pensava di tornare a governare Palazzo delle Aquile, i palermitani gli hanno detto no grazie». Quiz: Orlando l'ha detto ieri o 32 anni fa? Aiutino: era ieri. Ma è uguale a 32 anni fa, quando i nemici erano Lima e Ciancimino. Altro che nuovo. Altro che Macron.

È il solito Orlando.

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