Politica

Patti disperati e basilico: ecco la storia di pizza&politica

Un simbolo divisivo già dalla sua nascita. La Storia d'Italia raccontata tra una Margherita e il forno delle pizzerie

Patti disperati e basilico: ecco la storia di pizza&politica

Pizza, pizza e ancora pizza. Gli ultimi post della bacheca Facebook del professor Giuseppe Conte sono un inno alla regina di Napoli: la margherita. In città per sostenere la candidatura a sindaco dell’ex ministro Gaetano Manfredi, l’avvocato del popolo ha napoletanizzato la pausa pranzo in una famosissima e popolare pizzeria alle porte di Forcella, ventre storico partenopeo: da Michele. Da un lato del tavolo, lo stesso Conte e Manfredi. Dall’altro il ministro degli esteri Luigi Di Maio e la consigliera regionale dei 5 Stelle Valeria Ciarambino. Un classico: vieni a Napoli e ti fai la foto con una bella pizza fumante e originale. Solo che se non sei un turista qualsiasi ma un politico, allora la cosa cambia. La pizza di Giuseppe Conte del 15 giugno 2021 è il segnale tangibile di una coalizione in affanno nella corsa a Palazzo San Giacomo. Come il centrodestra e come gli altri, dal momento che l’unico che sta facendo campagna elettorale nei quartieri e in mezzo ai cittadini è Antonio Bassolino; a sinistra uno dei pochi che in pizzeria ci va normalmente.

Quello di ieri è solo l’ultimo capitolo della pizza come prosecuzione della politica con altri mezzi come lievito e farina. Un simbolo divisivo già dalla sua nascita. Alcuni la vorrebbero invenzione del ‘mastro pizzaiuolo’ Raffaele Esposito della pizzeria Brandi a Chiaia nel 1889, combinazione cromatica del tricolore italiano con il verde del basilico, il bianco della mozzarella e il rosso del pomodoro. Una pizza regale in onore della sovrana Margherita di Savoia. Ma ai napoletani questa genesi non è che sia mai andata troppo a genio, probabilmente per la matrice sabauda in una città di sentimenti monarchici più antichi e meno filopiemontesi, come dire. Per cui cerca che ti ricerca, ecco spuntare un testo del 1830 “Napoli contorni e dintorni” di Riccio che descrive la marinara, il ripieno e proprio la margherita. Descrizione ripresa nel 1858 dal letterato ed editore Francesco De Bourcard in “Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti”. La mozzarella era disposta a petali sulla pizza ricordando una margherita dei prati. Venendo ai giorni nostri, è stata soprattutto la Seconda Repubblica ad attovagliarsi con la pizza. I leader della Prima Repubblica come ovvio venivano spesso a Napoli, ma non si ricordano sortite “pizzaiole” di Craxi, Andreotti o De Mita. La pizza politica diventa protagonista assoluta l’8 luglio 1994. In quei giorni il G7 porta Napoli su tutti i giornali e gli schermi televisivi del mondo. Il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton si concede una passeggiata nei Decumani, cuore antico di Napoli. I racconti di quel giorno vogliono che lo storico titolare della pizzeria Di Matteo veda l’uomo più potente del mondo passargli davanti all’ingresso, lo avvicini e quasi lo prenda sottobraccio per farlo entrare gridandogli: ‘Mister President, pizza!’. E prima che le guardie del corpo gli siano addosso venga salvato dallo stesso Clinton che alza il pollice e dice ‘It’s ok. I want a pizza’. La gigantografia del momento in cui il presidente USA addenta una margherita piegata a portafoglio (o a libretto, come anche si dice) è ancora attaccata al muro proprio sopra il forno. Fu una delle immagini simbolo di quel G7 e di quella stagione importante poi chiamata “rinascimento napoletano”. Altro salto nel tempo. È il 24 febbraio 2001. Il centrodestra sente di poter tornare al governo dopo 5 anni di opposizione. Le elezioni politiche del 13 maggio si avvicinano. Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi porta a Napoli sul suo aereo privato il segretario della Lega Nord Umberto Bossi. Sul Golfo proprio in quei giorni si tiene la conferenza programmatica di Alleanza Nazionale, il partito presieduto da Gianfranco Fini. Dal palco il senatùr sancisce la ritrovata alleanza. Poi i leader vanno a mangiare una pizza proprio da Brandi, secondo alcuni la storica culla della margherita. E qui Alessandra Mussolini, deputata finiana, avrebbe imboccato Bossi con una bella fetta di margherita appena sfornata dicendogli: “Ora mangiati il tricolore!”.

Atmosfera certamente scanzonata tanto da far intonare al senatùr qualche strofa di ‘Maruzzella’, storica canzone di Renato Carosone. Una pizza che porterà bene ai commensali, dal momento che il centrodestra stravincerà le elezioni del 2001 e Berlusconi tornerà a Palazzo Chigi. Lasciamo la Seconda Repubblica e veniamo alla Terza, quella per capirci nata il 4 marzo 2018 con le elezioni politiche che sancirono il trionfo del Movimento 5 Stelle e l’avanzata della Lega di Matteo Salvini, le due forze che avrebbero dato vita al primo governo presieduto da Giuseppe Conte, quello gialloverde. Prima di quel fatidico voto il 28 aprile 2015 il gotha del Movimento 5 Stelle veste i panni da cameriere per servire da Sorbillo le pizze a sostegno di Valeria Ciarambino, candidata del partito giallo a presidente di Regione Campania. Tra i tavoli si danno da fare Roberto Fico, Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio, componenti del direttorio pentastellato. Una pizza anti-casta che contribuisce a reperire fondi per la campagna elettorale della Ciarambino (“Non ci serve molto. Non abbiamo bisogno dei Buzzi, dei Carminati o di cooperative che acquistano bottiglie di vino ‘D’Alemiane’” commenta Di Battista). Il 16 settembre 2020, altre elezioni regionali imminenti, da Fresco sul lungomare partenopeo è la volta di Giorgia Meloni. La presidente di Fratelli d’Italia si mette al bancone e impasta una margherita “sovranista” che poi, con un piazzaiolo come tutor, inforna. Le elezioni regionali vengono stravinte dalla sinistra e da Vincenzo De Luca, ma i consensi per la Meloni iniziano a lievitare. E veniamo ai giorni nostri. 27 maggio 2021.

Enrico Letta, segretario del Partito democratico, Roberto Speranza, segretario di Articolo Uno e Giuseppe Conte, kingmaker dei 5 Stelle, firmano a Roma il “patto per Napoli” che sancisce la candidatura a sindaco di Gaetano Manfredi, già ministro dell’università nel governo Conte 2 e rettore dell’università Federico II. Da che la margherita “giallorossa” di ieri, certo, mancavano Letta e Speranza. Il primo pare fosse impegnato nella Capitale. Il secondo, da ministro della salute, paventava di essere fotografato in un assembramento poco consono all’austerità anti-pandemica di questi tempi. Passano i governi e le stagioni politiche, passano i leader, passano idee che sembrano scolpite nella roccia o scritte sull’acqua. Ma lei, la margherita, non passa mai.

E Napoli si prepara ad accogliere la prossima “pizzata” politica con la soave leggerezza e il crudo disincanto di sempre.

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