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Pd, Renzi lancia il congresso: "Nel partito si chiude un ciclo"

Alla direzione del Pd va in scena l'ennesimo psicodramma dem. Renzi: "Adesso basta rese dei conti". E alla minoranza: "Non è il mio avversario. Scissione? Che sia senza alibi"

Pd, Renzi lancia il congresso: "Nel partito si chiude un ciclo"

"Parliamo con franchezza e chiarezza". Fiaccato dalla sconfitta al referendum del 4 dicembre, dal progressivo crollo nei sondaggi e, soprattutto, dallo scontro interno al partito, Matteo Renzi raduna la Direzione del partito per lanciare la corsa dentro il Pd. Una corsa che passerà inevitabilmente attraverso un congresso da tenersi prima delle elezioni. "Non voglio le scissioni - mette in chiaro - ma se scissione deve essere sia senza alibi. Certamente senza l'alibi del calendario".

Il Pd del dopo referendum sbanda, cala nei sondaggi e litiga fino allo sfinimento. Le varie correnti che affollano il Nazareno sono divise su tutto. Dalla legge elettorale al voto anticipato, dalla politica estera all'agenda politica. Anche se il punto più divisivo tra tutti resta, senza alcun dubbio, la leadership di Renzi. E al centro congressi Alibert, dove si tiene la Direzione del partito, va in scena l'ennesimo psicodramma dem capace di tener sotto scacco l'intero governo. Renzi arriva dall'ingresso di piazza di Spagna, evitando così l'assedio di cronisti e cameraman in via Margutta. La stessa strada, ma in tempi diversi, viene presa dal premier Paolo Gentiloni, dal ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan e da Massimo D'Alema. "Se si va su Google si digita resa dei conti", attacca a lamentarsi Renzi (guarda il video). Che poi intima: "Basta. Diamoci una regolata tutti insieme. Non è immaginabile che tutto rivenga messo in discussione".

L'Unione europea dell'austerity, l'America di Donald Trump e la corsa di Marine Le Pen all'Eliseo. C'è dentro tutto e niente nell'intervento di Renzi che, per oltre un'ora, gira intorno a quello che più lo angoscia. E cioè la leadership all'interno del Partito democratico. "Agli amici e compagni della minoranza voglio dire che mi dispiace se costituisco il vostro incubo - tuona - ma voi non sarete mai il mio avversario, gli avversari non sono in questa stanza, ma fuori da essa". Il congresso sarà lo spartiacque. E Renzi vuole la resa dei conti prima delle elezioni. Perché, se ci deve essere una scissione, è meglio che sia consumata prima del voto. E non dopo, col rischio di trovarsi qualche mina vagante in parlamento. "Chi non vince non scappi con il pallone, vinca il migliore e chi perde sostenga il vincitore", invoca Renzi pur sapendo che con oggi "si chiude un ciclo" del partito. Poi, prendendo in prestito le parole di Erri De Luca, avverte la minoranza: "L'essenza della democrazia è rispettare l'esito del voto".

Uno psicodramma durato per tutta la direzione, con la maggioranza che "snobba" la mozione tra gli altri da Michele Emiliano e Roberto Speranza e nel quale si chiedeva il sostegno al governo Gentiloni fino alla scadenza della legislatura e il congresso in autunno. "I due dispositivi sono oggettivamente alternativi", ha tagliato corto Matteo Orfini, mettendo al voto solo il documento voluto da Renzi.

Alla fine la resa dei conti è rimandata: in 107 hanno approvato la relazione della maggioranza renziana del partito che proponeva un congresso a breve, con le stesse regole adottate nel 2013.

"Ci vediamo in Assemblea", ha sentenziato Orfini.

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