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La politica perde Bernini vittima della malagiustizia

Addio allo storico esponente azzurro. Per dieci anni si è battuto contro accuse da cui è risultato totalmente estraneo

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Giovanni Paolo Bernini era un instancabile lottatore. Giocava su fronti diversi ma con la stessa passione. In politica stava coltivando il sogno della candidatura a sindaco di Berceto, paese d'origine della sua famiglia, perla dell'Appennino tra Liguria ed Emilia. Nella giustizia invece era un gigante. Ne aveva conosciuto il lato peggiore, era stato processato e assolto da tutte le accuse nel maxi processo alla 'Ndrangheta in Emilia-Romagna, ma nonostante questo non aveva mai smesso di battersi. Per tutti i cittadini, non solo per quelli di una parte. E soprattutto per la verità. Prova ne è che il partito radicale, di cui era stato dirigente, lo ha ricordato con queste parole: «Si è impegnato senza risparmiarsi nella lotta per la giustizia giusta. Perdiamo un onesto cittadino, un capace politico, un buon amico». La morte, sopraggiunta a 61 anni dopo un malore nella sua casa di Parma, ha lasciato incredulo il mondo politico, soprattutto Forza Italia, di cui Bernini è stato uno storico esponente oltre ad aver ricoperto i ruoli di assessore della giunta Vignali e presidente del consiglio comunale della città emiliana.

«Con una nuova fascia, torniamo a ricostruire un movimento nuovo e ben radicato...vedrai». Così pochi giorni fa in un messaggio Bernini suonava la carica in vista della nuova avventura politica. Il tutto senza dimenticare la battaglia di tutte le battaglie. Lui che era stato vittima della malagiustizia, preso di mira, insieme con un altro esponente di centrodestra, dal procuratore Marco Mescolini in un processo, chiamato Aemilia, che non toccò alcun politico di sinistra nonostante indizi, prove e relazioni di altri magistrati portassero quanto meno a indagare sul contrario.

Di questo e di molto altro Bernini aveva scritto in due libri, altro segno indelebile della sua vulcanica iperattività, riuscendo a portare la questione all'attenzione del governo e del ministero della Giustizia che un anno fa ha avviato una indagine ispettiva coperta da segreto per verificare eventuali anomalie di quell'inchiesta. E fremeva Bernini, non c'era giorno in cui non sperasse in una risposta. La sua era una missione di verità: voleva che la pubblica opinione venisse a conoscenza non tanto della sua storia personale quanto del fatto che ci potesse essere prova di una magistratura politicizzata.

Era la battaglia del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, che non per nulla il 3 giugno 2023 scrisse a Bernini una lettera in cui lo invitava a continuare sulla strada della giustizia: «Desidero inviarti le più sincere congratulazioni per il coraggio, la tenacia e la forza d'animo con cui hai affrontato, per quasi dieci anni, il dramma dell'attacco giudiziario e dello scandalo mediatico a cui ingiustamente sei stato sottoposto.

Negli ultimi 20 anni della storia italiana, abbiamo assistito a molte vicende giudiziarie cariche di odio ideologico talvolta di pressapochismo investigativo».

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