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Il governo incassa la prima fiducia: 235 sì alla Camera. Salpa la "nave" nel nome di Giorgia

La premier parla per più di un'ora e poi replica ai 35 deputati iscritti a parlare a Montecitorio. Il Pd s'attacca ancora al pericolo fascista mentre Italia Viva e Azione aprono con cautela. Oggi il secondo round con il dibattito in Senato

Il governo incassa la prima fiducia: 235 sì alla Camera. Salpa la "nave" nel nome di Giorgia

Il governo Meloni incassa il primo sì alla fiducia con 235 voti. Esito scontato a Montecitorio: il centrodestra parte da 236 voti (il presidente Lorenzo Fontana non vota). Due erano gli assenti; dunque nel saldo finale la coalizione di governo guadagna un voto. I voti contrari sono 154 mentre 5 gli astenuti. Alle opposizioni (partivano da 160 voti) ne mancano 6. Oggi al Senato va in scena il secondo round: per superare lo scoglio della fiducia saranno necessari 104 voti.

La lunga maratona d'Aula alla Camera inizia puntuale alle 11: Meloni parla per più di un'ora. Poi resta seduta al banco del governo sotto la presidenza per ascoltare gli interventi. Il calendario è da brividi: 35 deputati si iscrivono per parlare. Il premier osserva e prende appunti. In Transatlantico, tra un caffè e l'altro, i big Calderoli, Leo e Barelli cercano la quadra sui sottosegretari. Poco dopo le 17 iniziano le repliche di Meloni. Durante i lavori per Forza Italia prende la parola Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera, che richiama l'attenzione sulla riforma della giustizia: «Serve una vera riforma della giustizia, dal Csm alla separazione delle carriere, scolpita nel nostro programma, che sia effettiva, non il solito compromesso schiavo del corporativismo». Dai banchi dell'opposizione Pd e M5S perdono le staffe. Il Terzo Polo con Matteo Richetti lancia segnali di apertura. Alle 20 e 40 si chiude la prima giornata.

In Aula Enrico Letta inizia la legislatura con le stesse parole con cui ha terminato la campagna elettorale. Evocando il pericolo fascista: «Fra tre giorni, il 28 ottobre, sarà l'anniversario della marcia su Roma, noi avremo la nostra direzione. Noi andremo sul monumento che ricorda Giacomo Matteotti. Ma voglio ricordare quanto accadde nel luglio del 1921 a Sarzana, dove si cercò di fare una anticipazione della marcia su Roma. Il capitano dei carabinieri e un sindaco fecero il proprio dovere ed evitarono quella marcia. In loro memoria e seguendo il loro esempio fate il vostro dovere come governo e noi faremo il nostro come opposizione» dice Letta nel suo intervento.

Il leader dei Cinque stelle Giuseppe Conte più duro accusa: «Meloni vuole riscrivere l'agenda Draghi? La nostra sarà un'opposizione solida e puntuale nell'interesse degli italiani, ma implacabile e intransigente».

Dal fronte della maggioranza il capogruppo Fi Alessandro Cattaneo mette in chiaro un punto politico: «Quella di centrodestra, è una coalizione unita, coesa e leale, in cui stiamo convintamente, che avrà il nostro appoggio leale, un governo che non esiste senza Fi, che non esiste per i numeri è vero ma soprattutto per i valori di cui è portatrice».

Assicura lealtà la Lega: «La forza di questa coalizione è il fatto che non solo lei siede lì, ma anche il leader del nostro partito, Matteo Salvini, è accanto a lei come vicepremier e questo per la Lega è il principale impegno che alle promesse fatte in campagna elettorale seguiranno i fatti. È un vincolo di sincerità e lealtà verso il popolo italiano e verso gli elettori», commenta Riccardo Molinari, capogruppo del Carroccio.

Chiude nel segno del romanticismo Tommaso Foti, capogruppo reggente di Fratelli d'Italia: «Eravamo in pochi dieci anni fa in Galleria colonna, pioveva, c'erano tutte le condizioni sfavorevoli, quando nacque Fratelli d'Italia. Oggi è un giorno storico: anche una ragazza della Garbatella può diventare presidente del Consiglio, con la destra. Questa è una alleanza di destra-centro, se vogliamo definirla correttamente come gli elettori. Noi di cartelli elettorali giusto per vincere non ne abbiamo mai fatti.

Oggi è un giorno particolare anche perché c'è il ritorno della politica al centro delle istituzioni».

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