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Il premier parla tutto il giorno poi fugge a correggere i conti

Nelle previsioni, il deficit scende al 2,1%: è il dato sui cui punta il governo per ottenere clemenza da Bruxelles

Il premier parla tutto il giorno poi fugge a correggere i conti

Mercati, Quirinale e Commissione europea. Il pressing sul governo ha avuto effetto e il primo round del confronto con l'Europa lo ha vinto il ministro Giovanni Tria. Ieri si è tenuto l'atteso vertice di maggioranza con il premier Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Matteo Salvini e il responsabile del dicastero dell'Economia reduce dalla missione nella city di Londra, accompagnato dagli sherpa di via XX settembre. Si sono aggiunti anche i Ministri Moavero, Trenta e Costa. Loro hanno parlato, Salvini e Di Maio no. Tutti gli altri dossier, compreso quello di Autostrade, sono stati rinviati.

Nemmeno un'ora per prendere una decisione che fino a ieri non era per nulla scontata. Trasformare il vertice in un «preconsiglio», convocare un consiglio dei ministri in serata e approvare, l'assestamento di bilancio. Scadenza di legge anticipata di 10 giorni con l'obiettivo dichiarato di portare al Consiglio europeo di oggi le nuove stime di Roma per bloccare la procedura di infrazione.

La certificazione del deficit 2019 al 2,1% rispetto alla prevedente stima ufficiale che era al 2,4% grazie ai risparmi di Reddito di cittadinanza e Quota 100. I fondi istituiti dalla legge di Bilancio vengono decurtati di tre miliardi. Un «documento ufficiale - ha spiegato Conte parlando al Senato - da portare nelle sedi opportune per l'interlocuzione con la Commissione e per dimostrare che sono le nostre previsioni e le nostre stime ad avere il sopravvento su altre stime fatti da altri».

A sentire il premier, i leader di M5s e Lega avrebbero quindi accettato di rinunciare al «tesoretto» che si è liberato con i risparmi. Rinuncia pesante, in particolare per Di Maio, che avrebbe voluto utilizzarli per finanziare altre misure di welfare.

Ma in serata è circolata un'altra interpretazione, che spiega il silenzio di Di Maio e Salvini. Il consiglio dei ministri servirà solo a ufficializzare una misura salva deficit già prevista dalla Legge di Bilancio, i due miliardi di spese ai ministeri. Tagli già dati per scontati. Il resto sarà deciso più avanti.

Un'arma spuntata, mentre il nuovo saldo del bilancio con il deficit/Pil al 2,1% rappresenta una carta importante affidata al premier Conte che oggi, carte alla mano, vorrebbe convincere le istituzioni europee a riconsiderare la procedura di infrazione per debito eccessivo. La risposta europea arriverà prima della riunione dell'Ecofin del 7 luglio.

Sullo stesso tavolo della trattativa c'è il risiko della nuova Commissione. Talmente complesso che i funzionari europei legati all'esecutivo guidato da Jean Claude Juncker si stanno preparando a rimanere al lavoro per altri sei/otto mesi. Al vertice sono stati elencati i possibili scenari legati al rinnovo delle presidenze della Commissione, del Consiglio europeo, dell'Europarlamento e della Bce. L'Italia, ritiene il governo, è «nelle condizioni di poter ottenere un commissario economico».

L'Italia può giocarsi le sue carte nella nomina del presidente. Poi potrebbe accettare una poltrona non di primissimo piano, ad esempio l'Agricoltura, e in questo modo potrebbe chiedere ai paesi più forti, ad esempio la Germania, e ai partiti europei più consistenti, Ppe in testa, un atteggiamento meno intransigente.

Più difficile il confronto con i mercati.

Se n'è fatto carico ieri il ministro dell'Economia Giovanni Tria con un'intervista al Financial Times nella quale ha ribadito il no ai minibond e il suo sì all'Europa.

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