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"Premier Pinocchio, è un burattino come gli altri"

Edoardo Bennato: "Il Paese ha perso il senso delle cose. Neanche la fatina Boschi lo salverà"

"Premier Pinocchio, è un burattino come gli altri"

Milano «L'Italia è ingovernabile». E chiunque ci provi fa la fine di Pinocchio. Non, però, quella raccontata nel lieto epilogo della fiaba di Carlo Lorenzin, in arte Collodi. In quella immaginata da Edoardo Bennato nel suo musical da febbraio in scena al teatro Brancaccio di Roma, il «burattino senza fili» ha idealmente il volto del premier Matteo Renzi ma di «chiunque altro sia stato o andrà al governo» - tiene a precisare il cantautore napoletano con l'orgoglio di chi graffia la politica da «super partes» - rimane «aggrovigliato nel sistema del potere». Altro che redenzione. Nemmeno la fatina, raffigurata dal cantautore napoletano in un disegno provocatorio del ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, lo salverà.

In Burattino senza fili la trasfigurazione del ministro fatina ha ben poco di fiabesco e rassicurante...
«L'intento è chiaramente provocatorio. Ma sono certo che lei non se la prenderà. Non se la prenderà nessuno, abbiamo talmente tante emergenze a cui pensare. Anzi ne sarà orgogliosa. E poi io sono politically scorrect, è il solo modo per essere davvero propositivi».

Prima il brano Il gran ballo della Leopolda, ora la Boschi in versione hot è un nuovo sberleffo al governo. Perché ha scelto proprio lei?
«Avevo bisogno di dare un volto al personaggio per via dei casting, stiamo cercando ancora l'attrice giusta. Maria Elena è toscana, come Collodi, e poi rispecchia i canoni estetici della bellezza botticelliana, ma siamo nel 2016, le immagini devono essere adeguate al nostro tempo. Così come i messaggi che vogliamo mandare».

La fatina tutt'altro che materna e salvifica, la marionetta che non prenderà mai davvero vita, benché senza fili. Sul palco di Roma si racconta la fine dell'innocenza della generazione Leopolda?
«Per questo spettacolo mi ispiro alla favola di Collodi, che comunque era un grande provocatore, ma ne ribalto la morale e la trama. Sì, si racconta una disillusone e una certa rassegnazione. Ma anche uno stimolo a reagire a una realtà imperfetta, dove noi Occidente, culla privilegiata delle libertà, abbiamo perso il senso delle cose, della morale, dei valori etici. Abbiamo smarrito l'Isola che non c'è. Ma il mio linguaggio sarcastico e pungente vuole rimetterci in cammino verso un mondo meno imperfetto. Alla fine il burattino resta vincolato ai meccanismi del sistema e non sarà mai davvero libero».

È il fallimento della missione rottamatrice renziana?
«Chi si azzarda a governare l'Italia, che sia Mussolini, Craxi, Berlusconi o Renzi, fa il gioco delle tre carte. Ammesso e non concesso che sia in buona fede, questo Paese è un rebus irrisolvibile. Io sono napoletano, amo la mia città e a chi ne parla sperando di risolverne i problemi senza conoscerla dico: venga per strada, ne ascolti le pulsazioni, ne respiri le contraddizioni più dure.

E poi si esprima».

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