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Il premier si traveste da "Conte Zelig" Minaccia il veto all'Ue, ma poi ritratta

Il grillino sventola l'arma che non c'è: «Pronti a bloccare le nomine europee»

Dal sito Governo.it
Dal sito Governo.it

Milano Ed ecco che, nell'ultima notte bruxellese, spunta il Conte celodurista. Il presidente del Consiglio raduna i cronisti e spiega che, contro la procedura d'infrazione per il debito italiano, ha in mano l'arma fine-di-mondo: «Siamo pronti a mettere il veto sulle nomine dei vertici europei, con la Gran Bretagna che si astiene basta un altro Paese per bloccare tutto».

Così ieri, nei titoli di prima pagina dei giornali italici, il premier riesce a scavalcare il Salvini anti-Ue che boicotta il faticosissimo negoziato sui conti: il leader leghista parla, lui agisce, batte i pugni sul tavolo e fa la faccia feroce contro Merkel e Macron. Smentendo le diplomatiche parole ufficiali sul «ce la metteremo tutta» per evitare la procedura e trasformandosi, novello Zelig, nel guastatore delle macchinazioni europee. Peccato però che sia «un bluff improvvisato e disperato», come lo bolla l'ex titolare degli Affari Europei nel governo Renzi, Sandro Gozi. Uno che di procedure europee si intende assai più dello staff di Palazzo Chigi: «Sulla nomina del presidente della Commissione europea non è prevista alcuna decisione all'unanimità, e quindi nessuna possibilità di veto». Nel 2014, ricorda, Gran Bretagna e Ungheria erano contrari, «ma Jean Claude Juncker fu eletto lo stesso. Conte non sa di cosa parla, è isolato e incompetente», spiega.

Ma non basta: il capo del governo asserisce che la premier britannica May «si asterrà», e che l'astensione vale come un no. Ma non è vero: la May si è impegnata con i partner europei a votare a favore dell'accordo sulle nomine, nel caso il voto del Regno Unito risultasse decisivo. E i conti di Palazzo Chigi sono completamente sballati: se anche Italia, Gran Bretagna e i due governi più anti-Ue, Polonia e Ungheria, si mettessero di traverso, non avrebbero i numeri per costituire una minoranza di blocco.

La cortina fumogena made in Casalino, insomma, si rivela una fake news di breve durata. E, quel che è peggio, le rodomontate (a fini tutti interni, per far vedere a Salvini che può fidarsi di un premier non arrendevole) del presidente del Consiglio italiano si rivelano assai dannose alla trattativa tutta in salita per evitare la sanzione comunitaria sui nostri sballatissimi conti: «Se l'Italia facesse ostruzionismo finirebbe ancor più isolata, sarebbe un passo falso», avvertono da Bruxelles.

Lo hanno capito anche a Palazzo Chigi, ieri, e Conte si è affrettato a trasformarsi di nuovo nel paziente e volenteroso negoziatore, ansioso di farsi ritrarre seduto accanto a Angela Merkel e di trovare un'intesa con i suoi omologhi: «Sto lavorando con il ministro Tria per evitare una procedura di infrazione che farebbe male all'Italia», assicura. Certo, la situazione è «davvero molto complicata», ma «sono molto determinato e resto fiducioso che, grazie a un approccio costruttivo di tutte le parti, si possa arrivare a una soluzione positiva». Quanto alle nomine, con gli altri «leader stiamo condividendo un metodo di lavoro per trovare una soluzione. L'Italia ha un rilievo centrale in questo contesto». Altro che veti, minoranze di blocco e pugni sul tavolo: ora l'Italia torna «costruttiva», «positiva», pronta a «condividere» metodi e decisioni, e il Conte Zelig abbandona prontamente le vesti salviniane per tornare al tavolo dell'Unione europea.

«La prossima settimana - avverte dall'opposizione Renato Brunetta - l'esecutivo Conte, che raschia il fondo del barile in cerca di risorse, farà bene a non fare altri errori.

Ne basterà anche solo uno e la procedura d'infrazione scatterà automaticamente».

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