Politica

«Prendo un'auto esplosiva» A Roma il blitz anti-Isis

Ordini di custodia per un boss criminale macedone pronto a fare un attentato in Irak e per un tunisino Nelle chat (in italiano) minacciavano i «miscredenti»

Tra loro parlavano in chat, in italiano, imparato durante la comune permanenza nel carcere di Rebibbia. Uno dei due, Vulnet Maqelara, alias Karlito Brigante, un pezzo grosso della criminalità macedone con un passato nell'organizzazione separatista albanese dell'Uck poi passato all'estremismo islamico, era pronto a scappare in Irak e a far e un attentato come il «fratello» per colpire gli infedeli. L'altro, il tunisino Firas Barhoumi che lo aveva arruolato, dopo una breve permanenza in Italia era già operativo tra le file del Califfato ed ora è irreperibile.Con un secondo macedone collegato a Brigante, Abduls Kurtishi, evaso da un carcere del suo Paese e in procinto secondo i pm di fornire documenti falsi per il viaggio, avrebbero costituito una potenziale cellula jihadista di foreign fighters, con forti legami in Italia, sradicata da un'operazione dei carabinieri del Ros che ha portato all'emissione, da parte della Procura di Roma, di due ordinanze di custodia cautelare per associazione con finalità di terrorismo. A Brigante è stata notificata in carcere, dove era stato rinchiuso lo scorso novembre su mandato internazionale per vari reati. Un'operazione importante che, come ha sottolineato il ministro Angelino Alfano, ha consentito di fermare soggetti pericolosi prima della partenza per teatri di guerra dove avrebbero imparato tecniche terroristiche da mettere in atto al loro ritorno in Occidente. Gli inquirenti ci sono arrivati quasi per caso, grazie ad un'intuizione investigativa dei carabinieri della compagnia Roma Centro che, nell'eseguire un provvedimento dell'autorità macedone nei confronti di Brigante per vari reati, hanno trovato nella casa dove viveva in periferia, lettere di indottrinamento ideologico, video in lingua araba, foto con in mano armi da guerra che facevano sospettare la sua adesione all'Isis e quattro telefoni cellulari la cui analisi ha fornito risultati sorprendenti. In un messaggio vocale rintracciato dai carabinieri del Ros, subito allertati dai colleghi romani, è Barhoumi a parlare dall'Irak al macedone in procinto di partire: «Prendo una macchina con l'esplosivo dentro per fare un'operazione contro i kuffar (miscredenti, ndr)». Gli investigatori ritengono che se non fosse stato arrestato, Briganti lo avrebbe raggiunto per aderire anche lui al radicalismo islamista, come provato da alcuni colloqui intercettati fino al 27 ottobre, soltanto cinque giorni prima di essere ammanettato. Lo scorso 20 ottobre, attraverso un altro messaggio audio inviato tramite il software Telegram, il tunisino invitava il «fratello» a partire per l'Irak. La conversazione è riportata integralmente nell'ordinanza del gip Elvira Tamburelli. Barhoumi: «Andrà tutto bene, inshallah (se Allah vorrà, ndr)...anche se tu vuoi venire qua posso sistemare tutto per te. Basta che tu fai un programma così anche con un documento falso così tu puoi venire, inshallah». Brigante: «Fratello mio, ma io già sono pronto...». Il macedone lo assicura che sarebbe arrivato nel mese in corso, dalla Turchia. Barhoumi a questo punto gli dice dell'imminente operazione suicida in programma ma anche che, se gli avesse garantito il suo arrivo entro un mese, avrebbe potuto «allontanare la data dell'operazione» per aiutarlo. Il gip non ha dubbi sulla natura criminale del collegamento tra il macedone e Barhoumi, «soggetto pienamente inserito e attivo nei ruoli del gruppo terroristico Is quale foreign fighter». In una lettera inviata al «fratello Abdullah» il tunisino scriveva: «Grazie a Dio, vincano i fedeli, i nemici sono peccatori».

O ancora: «Non tutti gli uomini sono uomini, il leone rimane leone e il cane rimane cane».

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