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Il pressing di Mattarella: faccia a faccia con Matteo

Il capo dello Stato confida in Conte e ha cercato di "indottrinare" anche Di Maio

Il pressing di Mattarella: faccia a faccia con Matteo

Roma - Moderazione, prudenza e niente colpi di testa: la rete di protezione di Sergio Mattarella (nel tondo) è già stesa. La settimana scorsa ha indottrinato Giuseppe Conte, e infatti qualche risultato di vede. «Il governo prende atto delle valutazioni e intende continuare a dialogare con la Commissione europea», si legge nel comunicato di Palazzo Chigi, in cui si intravede la manina del Quirinale. E martedì ha provato a catechizzare pure Luigi Di Maio, avvertendolo del pericolo che corre il paese. Il vicepremier, secondo il Colle, sta reagendo bene. «Saremo responsabili - scrive il leader grillino su Facebook- e ci sederemo al tavolo, per costruire e non per distruggere». E presto, forse già oggi, toccherà all'altro vicepremier, il leghista Matteo Salvini. Il ministro dell'Interno è stato convocato per rendere conto della sua offensiva sui giudici «nemici», ma ovviamente si parlerà pure delle sanzioni europee in arrivo.

Non sarà un incontro facile. In questa fase Salvini è infatti l'osso duro, l'ostacolo principale alla diplomazia del Colle, il front-man della guerra all'Unione europea e e alla burocrazia di Bruxelles. Come il presidente Mattarella ha spiegato a Conte e a Di Maio, adesso servono accordi, intese, riflessione, non un assalto a testa bassa. Bisogna tenere i conti in ordine, rispettare i trattati e i parametri, onorare gli impegni internazionali. Spese in deficit? Flat tax selvaggia? Non se ne parla nemmeno, i mercati sono in agguato, lo spread può risalire e l'Italia essere investita dalla tempesta finanziaria perfetta. Peccato che la linea salviniana vada in direzione opposta. Secondo il vicepremier il Paese ha bisogno di uno choc fiscale per ripartire e la cosiddetta «tassa piatta» sarebbe lo strumento ideale. In più, dicono gli esperti della Lega, servirebbe anche per recuperare una parte dell'evasione fiscale. Il vicepremier, almeno a parole, lo considera un punto irrinunciabile. Certo non sarebbe contento a farsi indicare la strada da Bruxelles.

Ebbene, riuscirà Mattarella a convincerlo di darsi una calmata? A cambiare, se non la strategia politica, l'approccio con la Ue? O almeno ad abbassare i toni mentre la trattativa, che sarà condotta da Conte e Tria, andrà avanti? Le regole europee, questo dirà il capo dello Stato, non sono il Vangelo, possono e forse devono essere discusse, anche contestate, magari cambiate. L'austerità non è un Moloch, però finché ci sono delle norme comuni, condivise e approvate pure da Roma, vanno rispettate. Semmai sarebbe il caso nelle prossime settimane di impegnarsi tutti, facendo un gioco di squadra mai praticato dall'Italia, per ottenere il massimo nella partita delle nomine. Scadranno i mandati di Draghi, Tajani e Mogherini e sarà impossibile ottenere una rappresentanza dello stesso livello. Però, questo sarà l'appello del presidente, cerchiamo di trovare «una personalità di alto profilo» come commissario per ottenere un ministero di prima fascia.

E il negoziato con l'Europa si intreccia con la quasi crisi di governo. Mattarella è «preoccupato», c'è il pericolo che venga giù tutto insieme. Vuoto di potere a Palazzo Chigi, maggioranza che litiga su tutto, la paralisi e gli scandali del Csm, ora pure la procedura d'infrazione.

Come recita la famosa «legge di Murphy», se qualcosa può andare male, andrà male.

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