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Prodi guida il complotto

Ci sarebbe Prodi dietro il Vietnam parlamentare che sta sconquassando il Pd. Non c'è la prova, ma una confessione, quella di Rosy Bindi

Prodi guida il complotto

C'è uno spettro del passato che si aggira nel Pd, il suo nome è Romano Prodi. Ci sarebbe lui dietro il Vietnam parlamentare che sta sconquassando il partito di Renzi. Non c'è la prova, ma una confessione, quella di Rosy Bindi. La pasionaria rottamata da Renzi svela che Renzi è al tramonto e bisogna rottamare il Pd per tornare all'Ulivo. E quando si dice Ulivo si dice Prodi.

Il Professore in tutti questi anni ha covato, sognato e disegnato la sua vendetta. La ferita per come è stato fatto fuori alle ultime elezioni per il Quirinale ancora gli fa male, ma più urticante è la rottamazione silenziosa che gli ha servito Renzi. Prodi sperava in un parcheggio di prestigio su qualche poltrona internazionale, qualcosa di adatto al suo ego intramontabile. Renzi non lo ha neppure calcolato. È una cosa che l'inventore dell'Ulivo non può perdonare e le prossime dimissioni di Napolitano arrivano al momento giusto per far capire a Renzi che può rottamare tutti ma non Prodi. Il premier ha capito quale sia la partita e sta cercando in tutti i modi di far cambiare idea a Napolitano. Anche ieri è salito sul Colle per pregarlo di resistere ancora qualche mese. Niente da fare. Il presidente è stanco e non ha più voglia di sacrificarsi per il ragazzo. A questo punto a Renzi resta un'unica via d'uscita: le elezioni. Il voto per lui è urgente è indispensabile come un decreto legge. Bisogna andare alle urne prima che sul Colle possa saldarsi l'alleanza della vendetta. Rottamati di sinistra uniti ai grillini per far saltare qualsiasi nome renziano per il Quirinale, con un sottotesto chiarissimo: l'unico candidato possibile sarebbe proprio Romano Prodi.

Il guaio per lui è che non controlla il gruppo parlamentare del Pd, che sul Jobs Act gli ha fatto intravedere la diserzione. Una truppa di dissidenti, molto più ampia in realtà dei 30 che sono usciti allo scoperto, gli ha mandato un chiaro avvertimento: «scordati di approvare l'Italicum». È un cortocircuito: senza legge elettorale non può votare un suo uomo per il Colle, senza Colle non può andare a votare. Il premier ha una sceneggiatura, ma non può mandare in scena la sua recita. I fili adesso li tiene un altro burattinaio.

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