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Il professor Mattarella rimanda i due studenti: ritornate preparati

Il capo dello Stato: nessun veto sulla nascita di un governo politico. Ma c'è irritazione

Il professor Mattarella rimanda i due studenti: ritornate preparati

Via. Tornate a casa. Ritelefonate solo quando avrete fatto i compiti. Come un professore deluso dall'interrogazione quasi muta, ma ancora stranamente paziente, Sergio Mattarella sgrida Matteo e Giggino, i due studenti impreparati, un po' ciucci, incapaci di stringere un accordo, figuriamoci di fare un nome condiviso e accettabile. Risultato, un paio di giorni buttati, distanze aumentate, governo Jamaica che sta affondando prima ancora di lasciare il porto del Quirinale. Salvini e Di Maio chiedono comunque altro tempo. E lo avranno. Il capo dello Stato «non intende impedire la nascita di un governo politico», quindi «prende atto» che serve qualche giorno in più. Però basta con queste farse. «Faranno sapere loro quando saranno pronti», spiegano dal Colle. Studiate di più, dice in sostanza il presidente, a fine serata più sconcertato che irritato. Se ne riparla tra una settimana.

A quasi tre mesi dal voto e dopo una lunga serie di rinvii e di tempi supplementari, vista dal Quirinale la situazione sembra tornata al punto di partenza. Luigi Di Maio dice che «stiamo scrivendo la storia», però appare deboluccio sulle altre materie. Salvini intanto studia l'exit-strategy, attaccando l'Europa e chiedendo mani libere sull'immigrazione. Il grillino insiste nel voler sottoporre il patto alla piattaforma Rousseau, il leghista risponde mobilitando i gazebo per fare esprimere la base. Insomma, toni duri e nessun passo avanti. Anzi.

Prima questione, la più importante: manca il possibile premier, un profilo che metta tutti d'accordo. Di nomi ne circolano tanti, uno arriva pure al Quirinale durante la consultazioni. Lo fa Di Maio buttandolo lì a metà dell'udienza, senza nemmeno crederci troppo: «Presidente, se poi ne troviamo uno migliore, lo cambiamo». Quel nome poi non lo ripete, segno che l'intesa proprio non esiste, o che se esiste, è stata raggiunta su personalità di secondo piano, su tecnici di area. Il presidente della Repubblica, si sa, vorrebbe invece che si scegliesse una figura abbastanza forte da reggere il ruolo e di governare avendo a fianco Salvini e Di Maio. Una sintesi politica, non un esimio professore.

Dunque, siamo in alto mare. «Noi i nomi pubblicamente non li facciamo», dice ancora il leader di Cinque stelle. E per il segretario della Lega altro che candidati premier, siamo ancora in una fase preliminare. «Non sono appassionato al totonomi, preferisco le cose da fare».

Arriviamo così alla seconda grande questione aperta, il programma. Qui l'intesa sembrava fatta, o a un passo, con 17-18 punti su 20 già concordati e solo da mettere in bella copia e consegnare al presidente. Invece niente, abbiamo scherzato. Davanti al capo dello Stato compare prima un Di Maio fumoso. «Stiamo scrivendo la storia, ci vuole tempo». Poi un Salvini «determinato a valorizzare i temi leghisti», immigrazione, giustizia, infrastrutture, tasse, vincoli europei, e quasi sul punto di rompere per andare al voto.

Toni diversi ma la stessa richiesta di tempo. Aspettando il web Rousseau e i gazebo leghisti se ne andrà un'altra settimana. Mattarella decide, dopo l'extra time, di concedere pure il recupero: studiate meglio e poi fate un colpo di telefono.

Non lo fa, dicono, con la volontà di assecondare una melina fine a se stessa, ma con lo scopo di togliere ogni alibi ai partiti. E se la base non ci sta, che si fa, si ricomincia?

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