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Purghe grilline: via il sindaco che invoca il terzo mandato

Purghe grilline: via il sindaco che invoca il terzo mandato

Roma - «A casa dopo due mandati». Ma il sindaco 5 Stelle di Pomezia non ci sta. «Il terzo mandato? Lo farò con una lista civica». Se per molti può sembrare un escamotage per aggirare l'ostacolo, per alcuni quella del pentastellato pometino è una vera e propria rivoluzione. Se non un ammutinamento vero e proprio. Fabio Fucci, primo cittadino del polo industriale alle porte della capitale, amministrazione già sciolta in passato per tangenti e fino a pochi anni fa ultima enclave nel centro Italia per i finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno, si ribella. Fucci, dal 2011 nel consiglio comunale di piazza Roma, poi sindaco dopo la vittoria con il 60 per cento dei voti nel 2014 contro il candidato del centrosinistra Omero Schiumarini, protesta senza mezzi termini contro la regola dei due mandati di Casaleggio e associati.

«Mi è sempre stato riconosciuto di aver compiuto un ottimo lavoro. Ho spiegato ai vertici che per il bene della città serve continuità. Però mi sono scontrato con un'interpretazione rigida del regolamento. Perché due mandati equivalgono a 10 anni, mentre il mio primo mandato da consigliere è durato poco più di un anno». A nulla è valso il viaggio fino a Milano da Davide Casaleggio di una delegazione di fedelissimi. In assenza dello stesso Casaleggio pare che il gruppetto sia stato ricevuto da Alfonso Bonafede, responsabile degli Enti locali del Movimento 5 Stelle.

Alla fine da entrambi, manco a dirlo, è arrivato un secco no. Niente da fare. Dopo due mandati si va a casa. O si esce dal movimento, ipotesi che per Fucci, a quanto pare, si fa sempre più concreta. «Così si autoesclude dal movimento», il commento lapidario del capo Luigi Di Maio. Dunque a primavera a metterlo ancora in gioco con un terzo mandato in politica, una lista civica di cui Fucci sarà il capolista. Fucci non usa mezzi termini per spiegare la sua rottura con il Movimento. «La cosa più amara è l'ipocrisia di fondo che c'è in questo rifiuto. Mi si dice: No, perché da noi non si può vivere di politica. Però poi mi vengono offerti incarichi di nomina: assessore, perfino capo di gabinetto di un importante ente pubblico. Quello sì che vorrebbe dire vivere di politica».

A scanso di equivoci Fucci sottolinea che la regola dei due mandati: «È giusta ma la rigidità burocratica va limata in nome della realtà».

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