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Quegli oracoli sbugiardati: vent'anni di profezie flop

Mea culpa di Scalfari: sbagliai sul "ragazzo coccodè". Pure D'Alema e De Benedetti hanno rivisto i giudizi

Quegli oracoli sbugiardati: vent'anni di profezie flop

Siamo già alla riabilitazione politica di Berlusconi? È ancora prematuro ma i segnali sono molteplici e inequivocabili, proprio nella sinistra che più lo ha demonizzato dal '94 (ma pure prima) in avanti. Persino il sommo sacerdote della fazione che l'ha descritto come l'incarnazione del Male, ossia Eugenio Scalfari, arriva a confessare addirittura un errore di giudizio: «Quando scese in campo scrissi che era il ragazzo coccodè, come nella trasmissione di Arbore. Lì però sbagliai, non era affatto il ragazzo coccodè e ce lo ritrovammo sul gobbo per vent'anni e ancora non è finito». Il fondatore di Repubblica è uno tra i molti che, quanto a previsioni sul successo politico di Berlusconi, non ne ha azzeccata una. Nel '94, qualche mese dopo il trionfo elettorale di Forza Italia, già vedeva l'inizio della fine: «Berlusconi è il nuovo re - scriveva - per quanto? La sua stella non è più così fulgida». Ma Scalfari è in ottima e numerosa compagnia. Anche Beniamino Andreatta, padre nobile dell'Ulivo, già nell'ottobre del '94 era certo che «in pochi mesi di lui non sarebbe rimasto nulla sul piano politico», mentre l'ex segretario Dc Ciriaco De Mita aveva già suonato il requiem («Berlusconi avrà lo stesso destino dell'Uomo qualunque: una breve stagione prima di sparire nel nulla»). Massimo D'Alema si era spinto oltre: Berlusconi finirà a chiedere l'elemosina in via del Corso» previde agli inizi, dopo essersi già esibito in una profezia alla Fassino: «Ah-ah! È impensabile che il dottor Berlusconi entri in politica. Deve occuparsi dei suoi debiti. Stia fermo, tanto prenderebbe pochi voti. Non siamo mica in Brasile!» sentenziò D'Alema. La parabola era davvero imprevedibile se persino per una mente politica raffinata come quella di Francesco Cossiga, in un pranzo natalizio nel '93 - ha raccontato Giuliano Ferrara - sconsigliò con affetto Berlusconi di farsi avanti, «gli disse che i partiti avrebbero fatto di lui polpette», cosa che invece fece lui di loro pochi mesi dopo. Mentre Rocco Buttiglione avvertiva del rischio di una «deriva plebiscitaria» mentre salutava la fine del primo e secondo lui ultimo governo Berlusconi («è un avventuriero»).

Già prima Gianni Agnelli, nella sua villa a St. Moritz, aveva confidato a Carlo De Benedetti: «Berlusconi prenderà il 3%». Del resto è stato dato per fallito e finito svariate volte, di fatto ad ogni inciampo politico. Come nel 2005, quando alle elezioni regionali il centrodestra subisce un cappotto. L'editorialista Curzio Maltese, oggi europarlamentare della Lista Tsipras, si incarica dell'epitaffio: «È la fine del berlusconismo, il ritrarsi dell'onda lunga che ha dominato un decennio di vita italiana». Tre anni dopo Berlusconi ridiventa premier.

Persino sul calcio in molti non avrebbero scommesso un soldo. Scriveva Indro Montanelli, anni prima che il Cavaliere comprasse il Milan: «Berlusconi ha straordinarie qualità di imprenditore coraggio, fantasia, forza di lavoro che gli hanno valso il successo in tutti i campi in cui si è cimentato. Una sola cosa non gli riesce di fare, il presidente di una società di calcio». Celebre fu anche la profezia del portiere juventino Stefano Tacconi, davanti alle immagini di Berlusconi che atterrava con l'elicottero all'Arena di Milano nel luglio 1986 per inaugurare la sua presidenza del Milan: «L'elicottero gli servirà per scappare quando i tifosi lo inseguiranno dopo le sconfitte a San Siro».

C'è sempre tempo per ammettere gli errori. «Non credevo, e parlo da politico professionale, che si potesse diventare un politico di razza anche venendo da un altro mestiere - riconosce oggi D'Alema a Matrix - E Berlusconi ha saputo farlo. Credo che questo, detto da me, sia il miglior complimento che gli si possa fare». I primi segni della riabilitazione da sinistra, si diceva. Nel suo libro Antonio Padellaro, ex direttore del Fatto nella stagione d'oro (anche per le vendite) dell'antiberlusconismo, ne parla ormai con nostalgia: «Una persona cortese, gentile, veramente squisita». Addirittura il suo storico rivale, Carlo De Benedetti, rimpiange quando c'era Silvio, perché «da quando non è più presente come lo era un tempo la sinistra è rimasta letteralmente senza ideali, per molti è stata una disfatta: come facciamo a stare insieme senza il grande aggregatore?» domanda scorato il presidente del gruppo Espresso. Il Manifesto di ieri assicurava che «in un bilancio su Berlusconi le voci in positivo non sono poche», mentre da Enrico Letta a Pippo Civati, è tutto un chiedersi, in polemica con Renzi, «se l'avesse fatto Berlusconi, cosa sarebbe successo?».

Prossimo step: noi l'avevamo detto che non era affatto male.

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