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Quei giovani laureati che fanno gli spazzini

Psicologi impiegati nei call center e architetti che fanno i muratori. Giuseppe, ingegnere: "Ogni giorno raccolgo monnezza a Napoli"

Quei giovani laureati che fanno gli spazzini

Giuseppe Spizzino, 27 anni, laureato in ingegneria edile fa lo spazzino a Napoli. «Anche se mi chiamo Spizzino, mai avrei creduto di ridurmi a fare lo spazzino - racconta Giuseppe al Giornale -. Ero però stufo di fare il disoccupato e vivere alle spalle dei genitori. Vorrei andare a vivere da solo e farmi una famiglia. Intanto raccolgo monnezza dalla mattina alla sera. Sono tra i più giovani, considerato che i miei colleghi hanno un'età media di 55 anni e sui 300 operatori ecologici in servizio la metà risulta “parzialmente inabile“ alla raccolta rifiuti».

Giuseppe tira fuori dalla tasca un vecchio ritaglio di Repubblica : è un'inchiesta che risale a tre anni, il titolo è «Quei netturbini con la laurea pagati mille euro al mese». Leggiamo insieme l'inizio dell'articolo: «Andrea Cammuca è laureato in Economia. Il giorno della laurea sua madre ha pianto per la felicità. La famiglia, d'altronde, ha investito su di lui facendo non pochi sacrifici, visto che oggi in Italia portare un figlio alla laurea costa in media 16 mila euro, che diventano 50 mila se studia fuori città. Adesso Andrea però ha un lavoro a tempo indeterminato: netturbino nella società di raccolta dei rifiuti a Palermo, stipendio da 1.100 euro al mese e turni che vanno dalle dieci di sera alle quattro del mattino». Ride di gusto Giuseppe, che commenta: «Sembra di leggere la mia storia».

In realtà le storie di questo tipo non sono certo un'eccezione. Lo scopriamo continuando nella lettura del foglio che Giuseppe custodisce nel portafoglio come se fosse una reliquia («È il mio portafortuna...»): «Anche Alessandra Petrucci è operatrice ecologica, all'Ama di Roma, con una laurea in sociologia e un master: quando ha cominciato a lavorare, il nonno le ha chiesto sbalordito, per giorni e giorni, "Ma come, non ti hanno dato ancora una scrivania, stai sempre per strada?"». E ancora giù risate, con Giuseppe che ha la grande qualità di non perdere mai il buonumore: «Ma non scriva, per carità, che questa è una prerogativa di noi napoletani, perché sarebbe solo un luogo comune... esattamente come quello degli spaghetti e del mandolino». Già, i luoghi comuni: gramigna facile a nascere ma dura a morire. Come lo stereotipo dei giovani choosy che, con la puzza sotto il naso, si rifiuterebbero di accettare lavori «umili».

Chiacchiere da bar smentite, ad esempio, dai 300 giovani «dottori» veneti che si sono messi in lista d'attesa per seguire (dietro pagamento di 1.500 euro) un corso da aiuto-infermiere, figura professionale particolarmente ricercata nella Ulss 16 di Padova. Capito? Laureati in psicologia, lettere, filosofia, scienze politiche disposti a scucire addirittura 3 milioni delle vecchie lire per frequentare un «master» da aiuto-infermiere. Si badi bene: non da infermiere, bensì da «aiuto» infermiere; praticamente l'ultimo gradino della «carriera» ospedaliera. Attività che merita comunque il massimo rispetto, ma che non rientra certo nei sogni di chi ha investito soldi, tempo (e passione) tra le aule universitarie.

Ma basta fare un giro al Salone dei giovani in corso a Genova e Torino per rendersi conto che per un giovane laureato che riesce a realizzarsi nella professione per la quale ha studiato, cene sono 10 che devono ripiegare su attività di seconda o terza fascia. Roba, quando va bene, da mille euro al mese ma con almeno la «soddisfazione» di un posto a tempo indeterminato. L'alternativa? La disoccupazione. E allora (come dimostra il grafico qui a fianco) ecco che anche i «super qualificati», i «pezzo di carta muniti» si trovano costretti ad accettare mansioni che un po' di amaro in bocca lo lasciano eccome. Ma l'Italia non è la Svizzera dove ieri un giovane laureato in legge - forte dell'ingente sussidio di disoccupazione - si è permesso il lusso di rifiutare il posto trovatogli dal Comune di Berna: si trattava di un posto da netturbino, a 3.600 euro al mese.

Ma che nessuno lo dica allo spazzino napoletano, Giuseppe Spizzino.

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