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Quei "ladroni" di casa Pd che Renzi non vuol vedere

Il segretario dei democratici accusa la Lega di "rubare". Ma scorda i problemi giudiziari di tanti suoi dirigenti

Quei "ladroni" di casa Pd che Renzi non vuol vedere

La buona notizia è il verdetto che ha restituito l'onore all'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni. La brutta notizia è invece la freccia che la procura generale di Milano ha appena scagliato contro il primo cittadino del capoluogo lombardo Beppe Sala, chiedendo il processo per falso. Sala, a suo tempo, si era autosospeso, forzando i tempi e cercando di chiarire la vicenda per cui i magistrati ambrosiani l'avevano preso di mira: l'appalto per la piastra di Expo. Ma certi miracoli non riescono nemmeno a sinistra e il «borgomastro» è stato costretto a capitolare: dovrà convivere con il capo d'accusa per chissà quanto tempo. Non è il solo, anzi.

L'esercito degli indagati, degli inquisiti e dei condannati targati Pd è molto lungo, anche se il partito renziano ha sempre cercato di nascondere la polvere sotto il tappeto, puntando il dito contro le altre forze politiche. Come ha fatto nei giorni scorsi il segretario Matteo Renzi sparando a zero sulla Lega: «Mi dicono di smettere di dire che la Lega ha rubato: la Lega smetta di rubare e io smetto di dirlo». Peccato che l'ex premier si sia dimenticato di guardare in casa sua. Nel calderone c'è di tutto: le truffe orchestrate nelle varie Rimborsopoli regionali, le mazzette sganciate da questo o quell'imprenditore, i soldi letteralmente spariti nel gorgo dei lussi personali.

Su tutti l'ex tesoriere della Margherita, poi confluita nel Pd, Luigi Lusi che come un prestigiatore ha scialacquato fra arredi di design, viaggi da cartolina e immobili di pregio un tesoro di quasi 25 milioni di euro. Una cifra impressionante che si è dissolta - incredibile - senza che nessuno dei dirigenti della formazione, a partire da Francesco Rutelli, si accorgesse di nulla.

Al Nazareno, al quartier generale del Pd, predicano la moralità ma molte grandi inchieste si sono abbattute come un tornado anche sul Pd. In primis, Mafia capitale. Molte teste eccellenti sono rotolate. Luca Odevaine, ex vicecapo di gabinetto di Walter Veltroni è stato condannato a 6 anni e mezzo. Un verdetto di primo grado, ci mancherebbe, ma pesantissimo. Non l'unico, purtroppo per il partito di Renzi: l'ex presidente del Consiglio comunale capitolino Mirko Coratti ha incassato sei anni contro i 4 e mezzo chiesti dall'accusa, l'ex presidente del municipio di Ostia Andrea Tassone 5 anni e l'ex assessore alla Casa Daniele Ozzimo, che aveva accelerato i tempi e giocato la carta dell'abbreviato, 2 anni e 2 mesi.

Da Nord a Sud pezzi della classe dirigente Pd sono stati risucchiati dal lavoro di scavo dei pm. I calcoli sono approssimativi, ma gli indagati hanno ormai raggiunto quota 150. O quasi. Con situazioni imbarazzanti a macchia di leopardo. In Puglia l'ex vicepresidente della regione Sandro Frisullo è stato condannato a 1 anno per turbativa d'asta insieme a Giampi Tarantini, poi diventato una celebrità per aver organizzato cene e feste con Silvio Berlusconi.

E questo è solo un capitolo del malgoverno al Sud: l'ex sindaco di Brindisi Mimmo Consales ha sulle spalle un arresto, una condanna per abuso d'ufficio, un procedimento per corruzione.

In Calabria il ventaglio dei guai è molto ampio: per la Rimborsopoli locale sono stati rinviati a giudizio due parlamentari, Bruno Censore e Demetrio Battaglia, e ancora l'ex dominus della Regione Agazio Loiero e il consigliere Vincenzo Ciconte, già candidato sindaco a Catanzaro per il centrosinistra.

Non basta, perché, senza voler scorrere un elenco che non finisce più, non si possono tralasciare le disavventure di Sandro Principe, leader del Pd a Cosenza, ex sindaco di Rende e potente sottosegretario negli anni Novanta nei governi Amato e Ciampi. A Principe, finito in manette, vengono contestati reati gravissimi come la corruzione elettorale e il concorso esterno in associazione mafiosa.

Rapporti opachi che tornano in Sicilia, in provincia di Trapani: all'ex senatore Antonino Papania sono stati dati 8 mesi per voto di scambio. Purtroppo si potrebbe proseguire.

Basta ricordare che in uno sviluppo della torbida vicenda Consip è sotto i riflettori per rivelazione di segreto d'ufficio il ministro dello Sport Luca Lotti, membro di diritto del cosiddetto Giglio magico e renziano più dello stesso Renzi.

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