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Quei peones miracolati dalla crisi di agosto Dall'anonimato all'anticamera del potere

Temevano di perdere tutto, ora sperano addirittura in un posto nell'esecutivo

Quei peones miracolati dalla crisi di agosto Dall'anonimato all'anticamera del potere

Erano a un passo dal ritornare a casa e adesso si ritrovano a pochi metri da Palazzo Chigi. Sarà vero, come ha detto ieri Matteo Salvini, che «le vie della provvidenza sono infinite», ma gli effetti del suo colpo d'agosto rischiano di essere addirittura straordinari. E infatti, il potenziale naufragio, che per i parlamentari corrisponde sempre con le elezioni anticipate, si sta per ribaltare nella più spettacolare rivincita del peones. Sconvolta da possibili elezioni, questa categoria sempre negletta ma anche simpatica, oggi tifa per la responsabilità, l'inciucio. In una parola: la resurrezione.

Prendete il tesoriere del M5s, Sergio Battelli, che nella vita fa anche il rocker (ha appena pubblicato un disco, Fall in Love). In pochissimi giorni è passato dall'ira all'ironia. Il 9 agosto si dichiarava in modalità vaffa: «Se prima degli italiani vengono i sondaggi, allora vaffanculo». Ieri si è potuto permettere di prendere in giro sia il Pd che la Lega «cucinati» nei due forni da Luigi Di Maio. E dunque, su Instagram ecco la fotografia del forno di casa Battelli con la didascalia «A me di forno basta questo» e poi via con una raffica di emoticon. Pensare che nell'ora più buia, quella delle comunicazioni di Giuseppe Conte, la paura era così tanta che non c'erano solo i giornalisti ad assediare la tribunetta di palazzo Madama, ma anche i deputati del M5s. Per comprendere quale fosse il loro futuro, Davide Tripiedi, Dalila Nesci, Iolanda Di Stasio, non hanno perso una citazione del premier. Poi si sono affidati anche loro nelle mani di Sergio Mattarella, anzi, in quelle di Nicola Zingaretti che sta compiendo miracoli e svuotando le teche di partito. Protagonista della trattativa, accanto al segretario del Pd, chiamato «Er saponetta», si è infatti manifestata nella nuova veste di vicesegretaria, Paola De Micheli. Candidata da Bersani, ma tendenza Franceschini (altro mattatore del momento) promossa da Renzi, elevata sottosegretario da Gentiloni (è tornato anche lui, ed è pure cattivo a sentire quello che dice negli audio Renzi), è un probabile ministro.

Ma andiamo al negoziato. Condotto ufficialmente per il Pd dai capigruppo, Graziano Delrio e Andrea Marcucci, in privato a favorirlo ci lavora pure Emanuele Fiano, finito nell'oblio parlamentare delle commissioni, ma in queste ore tornato uomo di collegamento fra franceschiniani e renziani. Se della trionfale rigenerazione di Rosy Bindi, ormai ospite fissa in qualsiasi trasmissione, si è già trattato, non ha avuto ancora giusto risalto la ricomparsa di Marina Sereni (quattro legislature), ex vicepresidente della Camera e oggi anche lei al fianco di Zingaretti come confidente. Come del resto lo è Antonio Misiani, ex tesoriere del Pd, ormai docente di inciuciologia in tv.

Ma se il tempo è dei vice, che dire degli ex presidenti? Pietro Grasso passa dallo scranno del senato alla poltrona televisiva e chiede il copyright per il suo lodo che unisce M5s e Pd. Laura Boldrini si dice favorevole e rilascia già consigli a Salvini: «Chiudi Facebook e fatti una passeggiata». E poi ci sono sempre i padri nobili: Prodi, Veltroni... Per fortuna si registra almeno una defezione. È quella di Maria Elena Boschi che promette di non entrare nel futuro (ma antichissimo) governo.

Insomma, il precedente lo chiamavano del «cambiamento», ma il prossimo sarà il primo governo vintage.

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