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La Raggi "giallorossa": il Pd entra in maggioranza

Dopo anni di insulti, è inciucio anche a Roma. Rimpasto in giunta da record: 13 assessori cambiati in tre anni

La Raggi "giallorossa": il Pd entra in maggioranza

In fondo era solo questione di tempo. E ne è passato decisamente poco: Virginia Raggi ha resistito appena venti giorni alla corte del Pd. Era il 3 settembre quando IlGiornale.it scrisse che i dem romani pensavano a un "comma Spelacchio": voltafaccia totale per farsi piacere gli scempi del Campidoglio, simboleggiati dalla figuraccia dell'albero di Natale spelacchiato, pur di chiudere anche nella capitale un patto con il diavolo e tornare a sentire il profumo di quel potere che nella capitale avevano perso ormai dal 2016.

Un primo tentativo di dialogo era andato a vuoto, con i consiglieri comunali del Pd che fino a pochi giorni prima giuravano eterna opposizione pronti all'abbraccio e Virginia Raggi che chiudeva la porta stizzita.

La resistenza è già finita. Approfittando di un rimpasto della giunta atteso da tempo, visto il disastro amministrativo, la maggioranza grillina ha approfittato per fare posto ai dem concedendogli per ora la presidenza di due commissioni consiliari. Un modo per stabilire un ponte, una condivisione del potere che ha un grande significato politico: Roma è stata la prima grande vittoria dei grillini, un successo che li ha immediatamente proiettati sulla scena nazionale, anche se poi ha procurato parecchi grattacapi ai vertici del M5s. Su temi come mafia capitale i pentastellati hanno costruito un grande pezzo della loro visibilità politica, proprio in opposizione al Pd, che ha li ha combattuti strenuamente.

Altri tempi: dopo il patto per il governo giallorosso, ora per il Pd si tratta di fingere di non vedere buche, alberi che crollano, bus in fiamme, scale mobili bloccate, fermate della metro chiuse. Un piccolo sacrificio pur di riaffacciarsi nelle stanze del potere. Non va del resto dimenticato che regista del patto di governo giallorosso è stato Dario Franceschini e a Roma scalpita per una possibile candidatura nella capitale al prossimo giro la consorte Michela Di Biase, attualmente consigliere comunale in Campidoglio.

La Raggi, dal canto suo, otterrà un'opposizione meno dura a Roma, ma soprattutto migliori rapporti con il governo che, in extremis, ha aggiunto come ultimo punto del programma un "aiutino" alla Capitale. E lei ha parlato chiaro, smentendo ciò che andava dicendo fino a venti giorni fa: "Siamo molto contenti di dove sta andando il nuovo governo, è un segnale. Non c’è nessun tipo di preclusione alla collaborazione".

Nel frattempo, la giunta cambia altri quattro assessori (arrivando a un totale di 13 in tre anni, un record): via i tecnici, dentro i politici. Questione di equilibri: le elezioni si avvicinano e bisogna ricompattarsi accontentando le varie anime del Movimento. Fuori quindi Laura Baldassarre, Flavia Marzano, Rosalba Castiglione e Margherita Gatta per fare spazio Pietro Calabrese all’Assessorato ai Trasporti, Valentina Vivarelli al Patrimonio e Politiche abitative e al Sociale, Veronica Mammì. Casualmente due dei nuovi assessori erano presidenti di commissioni consiliari. Due poltrone da riempire.

Senza preclusioni ai dem, naturalmente.

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