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Renzi teme il logoramento e cerca la tregua a sinistra «Al voto solo a scadenza»

Il leader alla segreteria dem conferma il sostegno all'esecutivo. Ma non scioglie il nodo alleanze

Renzi teme il logoramento e cerca la tregua a sinistra «Al voto solo a scadenza»

Sostegno pieno a Gentiloni, «fino alle elezioni del 2018». Affettuosità per Gianni Cuperlo. Nessuna polemica con Prodi o Pisapia, pur impegnati a trafficare contro il Pd. La linea del Nazareno, ieri, sembrava improntata alla volontà di pace con il mondo.

«Bisogna uscire da questo clima di guerriglia permanente, nella quale il Pd rischia di diventare il punching ball di tutti», ragiona un dirigente del partito renziano, preoccupato per le conseguenze di un assedio che punta a logorare anche elettoralmente il Pd, e che già sta avendo conseguenze sui sondaggi: «Se alle prossime elezioni prendiamo intorno al 25%, ossia quanto prese Bersani nel 2013, implode tutto», è l'allarme.

Ecco dunque che si sceglie di far buon viso a cattivo gioco, cercando di ignorare le provocazioni e di non prestare il fianco alle polemiche, comprese quelle più insidiose perchè più vicine. E se Gianni Cuperlo (insieme ad Andrea Orlando) gioca di sponda con Pisapia e fa gli occhi dolci alla sinistra extra Pd, Matteo Richetti (portavoce della segreteria Pd) spande miele: «Sta facendo un servizio al Pd. È convinto della necessità di aprire un cantiere comune. Non solo non se ne andrà ma è protagonista di questa costruzione», assicura. Non che questo cambi nulla della linea renziana, che resta totalmente contraria ad inseguire la sinistra radical e a rimettere su carrozzoni confusionari come l'Unione di prodiana memoria: «Noi possiamo anche stare due ore a discutere di coalizioni politiche, ma io la coalizione la voglio fare con i cittadini che hanno a cuore l'Italia. Non ci metteremo insieme contro qualcuno», spiega Renzi. Quanto alla sinistra, spiega, «essere di sinistra non è stare tutti i giorni a chiamare la Camusso, ma battere il record di recupero dell'evasione, garantire diritti, creare lavoro a tempo indeterminato». Significa insomma, dice, «cambiare le cose, e bisogna farlo con la logica del passo dopo passo, non stando fermi. Sarei ancora a palazzo Chigi con questa logica», sottolinea.

Matteo Renzi ha riunito ieri nel primo pomeriggio la segreteria del Pd, poi - in un grande centro commerciale della Capitale - è stato protagonista dell'ennesima tappa del tour di presentazione del suo libro.

Da settembre, il leader Pd avvierà il suo giro in treno per l'Italia: «Toccherò tutte le provincie, voglio stare in mezzo alla gente e parlare delle cose che servono all'Italia». Sulla legge elettorale il Pd non ha intenzione di muovere un dito: «Abbiamo già dato», fanno notare i renziani, «e ora non ci sono i numeri né i tempi per fare una riforma seria: alla Camera, col voto segreto, verrebbero fuori solo pasticci». Così la linea è: «Ci facciano una proposta gli altri, se c'è un'ipotesi che vede l'assenso di Forza Italia e Cinque Stelle siamo pronti a valutarla. Non faremo leggi elettorali contro qualcuno». Un problema che assilla il Pd è quello delle prossime elezioni regionali: nel Lazio c'è l'uscente Zingaretti, in Lombardia è disponibile a candidarsi il renziano Giorgio Gori, sindaco di Bergamo (con cui il segretario si è incontrato proprio l'altro giorno a Milano), ma resta tutto aperto il problema Sicilia. Dopo la fuga di Piero Grasso, il Pd non trova un nome da mettere in pista. Il governatore uscente Crocetta annuncia che si candiderà comunque, anche contro il Pd, per tentare con questa pressione di farsi assicurare un futuro politico.

Intanto il sindaco di Palermo Orlando si muove per proprio conto e il Pd teme che voglia lanciare una candidatura tutta sua mettendoli davanti al fatto compiuto.

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