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Renzi in tv non sta sereno: "Io scomodo, ma non mollo"

Il leader Pd ospite di Floris si rilancia candidato premier: «Giudicatemi dopo le Politiche. Di Maio? È più casta di me»

Renzi in tv non sta sereno: "Io scomodo, ma non mollo"

Barcollo ma non mollo. Anche se ora davvero sto rischiando il collo.

È un Matteo Renzi metafisico, incredibilmente simile a se stesso, quello che compare in televisione al Di martedì condotto da Floris su La7. Uguale uguale anche se dice il contrario di ciò che appare evidente, e il senso di marcia è invertito rispetto a quello indicato fin qui. Per prepararsi all'appuntamento senza competitor - avendo Di Maio subdorato il favore che avrebbe reso all'avversario e tosto disertato - Renzi comincia dall'ora di pranzo a dare la linea. A sera è carico, forse persino in overdose. Nervoso, a tratti impacciato, ripete gli stessi concetti. «Di Maio ha paura, provoca e poi non si fa vedere. Ma un premier non può scappare e fare lo spaccone. Lui è il nulla». Il segretario attacca sull'essere anticasta, poi lo sfida: «Rinunci all'immunità e si faccia querelare per avermi chiamato aguzzino». Ma il pericolo più grave, per la barcollante leadership, sta ora in un terribile paradosso: che il «voto utile» possano usarlo gli altri, tenendo il Pd in clamoroso (sempiterno, considerata la legge elettorale) fuorigioco: la tenaglia di Berlusconi unico argine al populismo grillino, i grillini unico baluardo al ritorno del centrodestra. Parte da questo, il cocktail del contrattacco renziano basato, per il resto, su ingredienti risaputi: un tot di minimizzazione, vittimismo e personalizzazione in parti uguali, un bel po' di balle spaziali, faccia tosta a piacere.

Il primo assunto ha per tema l'orgoglio e la vittimizzazione. «Non mollo neppure di un centimetro. Hanno utilizzato ogni mezzo per farmi fuori, le prove false di Consip, la polemica sulle banche... Sono l'avversario scomodo, da mesi vogliono mettermi da parte, ma non ci riusciranno neppure stavolta». E se qualcuno pensa di «passare i prossimi mesi a litigare fa un grande regalo a Berlusconi e Grillo. Loro sono due schieramenti pieni di estremisti e populisti, noi stiamo nel mezzo». Il segretario è pronto a ricandidarsi, anche se gli sfugge di non «essere al massimo del suo splendore» (quando se ne accorge, la butta sui chili di troppo). «Il giudizio sul Pd si darà dopo le Politiche». E prima del comizio in tv aveva provato a dare la carica: «Basta chiacchiere, con la Direzione si inizia la campagna elettorale, non sarò il segretario dei caminetti tra correnti... E nessuno ha dato la colpa della sconfitta a Grasso». Quello che abbiamo visto fino all'altroieri, sul treno e a piedi, nonché il Faraone stralunato e fuoriluogo, evidentemente erano degli stuntman.

Secondo assunto, tema dominante il cavillo. «In Sicilia è andata male, ha vinto la destra, come accade sempre, da decenni». La realtà, dice, è che invece hanno perso il M5S. «La Sicilia era il loro bacino di voti più forte, la loro Toscana, e oggi hanno preso 7 punti in meno... Se a questo si aggiunge che Di Maio e Di Battista hanno passato 4 mesi in Sicilia, Grillo ha detto che era l'ultima spiaggia, hanno speso centinaia di migliaia di euro...».

Terzo assioma, sul tema io speriamo che me la cavo ringalluzzendo le truppe smorte. «Credo nella squadra, noi siamo già in coalizione, e siamo pronti ad allargarci al centro e alla nostra sinistra. Non abbiamo veti verso nessuno. Possiamo raggiungere, assieme ai nostri compagni di viaggio, la percentuale presa nelle due volte che ho guidato io la campagna elettorale, alle Europee e al referendum: il 40 per cento». Sicuro.

E il nonno, come si sa, aveva bellissime ruote.

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