Cronaca internazionale

La resa della Guardia costiera dentro l'inferno di Derna

Tra le macerie e la devastazione, cresce l'ondata di rabbia. Scafisti senza controllo. E la gente grida: "Libia unita"

La resa della Guardia costiera dentro l'inferno di Derna

Le motovedette bianche, nuove di zecca, con il possente rinforzo arancione attorno allo scafo sono state consegnate in agosto dall'Italia ai libici. Le Classe 300 uguali a quelle schierate a Lampedusa dalla nostra Guardia costiera per fronteggiare l'ondata di migranti. Tutte e tre ormeggiate, una dietro l'altra, in quello che resta del porto di Derna, la città travolta da un Vajont all'ennesima potenza.

Le motovedette sono state pagate dal fondo europeo per l'Africa per rafforzare la Guardia costiera di Tripoli nel contrasto all'immigrazione illegale. Fino al primo settembre i libici hanno intercettato 10.620 migranti diretti verso l'Italia, ma 34.269 sono riusciti a passare sbarcando da noi. Dopo la devastazione del ciclone Daniel le motovedette Classe 300 sono state inviate a Derna, assieme ad altre due unità italiane Corrubia donate alla Guardia costiera per intercettare i migranti. Adesso vengono impiegate per i soccorsi e il recupero dei corpi che ogni giorno il mare riporta a terra. Lodevole iniziativa, che unisce il Paese diviso da anni, ma il rischio è sguarnire la Tripolitania da dove sono partiti 17.621 migranti arrivati a Lampedusa. Oppure recuperati dalle navi delle Ong: 5.859, il 23,7% del flusso da quest'area. Altri 4.361 sono stati intercettati dopo essere partiti dalla Tunisia. In tutto le Ong, pur rallentate dal decreto Piantedosi, sono riuscite a far sbarcare in Italia 10.220 persone fino al 31 agosto.

I trafficanti di uomini potrebbero approfittare della flotta di motovedette di Tripoli inviate a Derna in missione umanitaria per lanciare più barconi verso l'Italia. Le partenze dalla Libia sono state un po' meno della metà rispetto alla Tunisia, ma rimane pur sempre il secondo paese da dove arrivano i migranti.

Lunedì, dopo che non si segnalavano più arrivi dalla Tripolitania, sono stati intercettati a ridosso di Lampedusa due barconi con 209 migranti egiziani, nigeriani, siriani, iracheni, tunisini e palestinesi partiti da Sabrata, ad ovest di Tripoli. Il vero hub delle partenze è a Zwuara, non lontano dal confine tunisino, con 199 barche fatte salpare verso l'Italia.

La situazione a Derna sta diventando esplosiva con la popolazione inferocita per la distruzione di 900 edifici della città e un bilancio delle vittime che potrebbe arrivare a 15 mila morti. Il 10% sarebbero migranti. Lunedì pomeriggio si sono riuniti attorno alla moschea Al-Sahaba migliaia di cittadini che gridavano «né Est né Ovest, Libia unita». Il riferimento è alla divisione del Paese fra la Cirenaica controllata dal genale Khalifa Haftar con i suoi figli e la Tripolitania con il governo di Abdul Hamid Dbeibah riconosciuto dall'Onu.

La popolazione è convinta che la tragedia si potesse evitare con un'adeguata manutenzione delle due dighe, costruite dalla Jugoslavia ai tempi di Gheddafi, che sono crollate all'arrivo del ciclone Daniel spazzando via mezza Derna. Durante la notte gli irriducibili hanno incendiato l'abitazione dell'ex sindaco, Abdulmenam al-Ghaithi, già sospeso e indagato con il sospetto che non siano stati eseguiti tutti i controlli necessari sulle dighe. La parte distrutta della città è isolata, militarizzata e da ieri l'esercito di Haftar ha intimato ai giornalisti di lasciare la zona.La catastrofe potrebbe favorire i trafficanti annidati soprattuto a Tobruk verso il confine egiziano. «La città dai traffici di ogni genere compresi gli esseri umani» sottolinea una fonte occidentale in Cirenaica. Prima dell'alluvione mortale le unità dell'Esercito nazionale libico hanno pubblicizzato diversi raid contro i trafficanti non solo a Tobruk. Un video mostra i militari di Haftar che danno fuoco a legno e vetro resina utilizzato per costruire i barconi dei migranti dentro un capannone-cantiere.

Il 4 settembre un altro video fa vedere 151 clandestini del Bangladesh che vengono rispediti a casa in aereo da Bengasi. Anche in Tripolitania hanno aumentato le operazioni anti immigrazione illegale fino al Vajont di Derna.

La costa devastata della città sembra un campo di battaglia disseminato da carcasse di automobili trascinate fino al mare. Pezzi di mobili, scarpe anche di bambini e zaini si mescolano ad alghe e detriti che formano una continua chiazza maleodorante.

Spesso i resti umani delle vittime sono sotto questa melma ed i soccorritori subacquei tunisini si immergono per cercare i corpi. Una sola squadra ne ha trovati 470, in pochi giorni, fra la terra e il mare. I Vigili del fuoco continuano a scavare fra le macerie del paesaggio sempre più lunare della Derna investita dalla bomba d'acqua.

Due pompieri con la tuta grigia anti contaminazione escono da un edificio sfregiato e invaso dal fango con un sacco nero. «Era un bambino e il punto dove cercarlo lo ha indicato il padre che teme ci siano pure gli altri figli là sotto - racconta un soccorritore italiano - Avrà avuto 8-9 anni. É decomposto e l'ho preso fra le braccia per portarlo fuori». Il sacco nero viene caricato su un fuoristrada.

I volontari libici si stringono attorno all'improvvisato corteo funebre, lungo una galleria piena di macerie, e invocano la pietà di Allah.

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