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Dopo l'addio di Lupi, Renzi vuole l'interim fino all'avvio di Expo. Poi Gratteri ministro

Il premier su Lupi: "Lasciare, scelta saggia". Si pensa a Gratteri ministro. Nei piani di Palazzo Chigi lo spacchettamento del dicastero. Tra i nodi, gli equilibri con Ncd

Dopo l'addio di Lupi, Renzi vuole l'interim fino all'avvio di Expo. Poi Gratteri ministro

Già pensa al dopo, Matteo Renzi. A come riuscire, nel più breve tempo possibile, a cancellare la prima «macchia» sul suo governo e a come rivoluzionare dall'interno il palazzone di Porta Pia da cui Maurizio Lupi oggi uscirà per l'ultima volta. E per il dopo, con il polverone della bufera giudiziaria sospeso sul ministero lasciato da Lupi, il nome che il premier avrebbe in mente è - guarda caso - quello di un magistrato. Un magistrato d'assalto, già in ballo al momento della formazione del governo Renzi, e rimasto assai deluso per la mancata nomina a ministro della Giustizia: Nicola Gratteri, procuratore antimafia a Reggio Calabria e «consulente» del governo per la lotta alla criminalità.

Ma di qui alla scelta definitiva c'è ancora tempo: sarà Renzi ad assumere l'interim del ministero (si dice fino all'inaugurazione dell'Expo), a lavorare all'eventuale «spacchettamento» tra Infrastrutture e Trasporti e a trattare con Ncd. Perché è lo stesso Lupi ad avvertire che la coalizione «non va indebolita» e che oggi si vedrà di nuovo con il premier per parlarne. Il Pd, però, conta di chiudere la partita con Ncd assegnando a Gaetano Quagliariello il dicastero vacante degli Affari regionali.

Ieri ad ora di pranzo, a Palazzo Chigi, c'è stato il faccia a faccia definitivo tra il premier, Lupi e Angelino Alfano, subito prima della partenza di Renzi per il vertice europeo di Bruxelles. Renzi l'ha messa giù senza durezze, ma chiaramente: vero che sul piano giudiziario non c'è nulla, ma la situazione è diventata «politicamente insostenibile», innanzitutto per il diretto interessato. «Quindi, Maurizio, risolviamola insieme nel modo più lineare: conviene anche a te, che potrai meglio difenderti, oltre che al governo». Come lo stesso ministro racconterà più tardi a Porta a Porta , la richiesta di dimissioni è rimasta implicita: «La decisione spetta a te». Ma il messaggio è stato registrato, come è stato registrato il progressivo vuoto fattosi intorno al ministro nel suo stesso partito. È lo stesso Lupi a raccontare che, durante il colloquio con il premier, è stato chiamato al telefono anche il presidente Mattarella, per informarlo delle dimissioni.

Il presidente del Consiglio è dunque volato a Bruxelles, dove è entrato nel palazzo Justus Lipsius dribblando i giornalisti e negandosi ai microfoni: «Ci vediamo dopo». Lasciando a Lupi la parola. Nel frattempo, a Montecitorio, gli uomini del premier facevano calendarizzare dalla conferenza dei capigruppo l'informativa del ministro Lupi al Parlamento, oggi alle 11, nonostante le opposizioni chiedessero di andare direttamente al voto sulle mozioni di sfiducia. «È stato il Pd a insistere, evidentemente la strada di Lupi è già segnata», commentava il capogruppo di Sel Arturo Scotto. Oggi in Aula, dopo l'annuncio di Lupi, il Pd dimostrerà la sua gratitudine rendendogli l'onore delle armi e celebrando la sua scelta «responsabile». Già ieri il luogotenente del premier nel Pd, Lorenzo Guerini, ha dato il la: «È un gesto politico da apprezzare». E in serata il premier ha confermato: «La scelta di maurizio è saggia per sé, per Ncd, per il governo». La linea del Pd oggi sarà questa, del resto sul caso Lupi il partito di maggioranza era compatto sulla necessità di dimissioni: «Avremo una posizione congiunta, il ministro prenda atto che la situazione è insostenibile», avvertiva in mattinata l'esponente della minoranza Gianni Cuperlo.

Un Pd così unito non si era mai visto.

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