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Riforme, il doppio stop alla Lega

Nuovo no al terzo mandato. Fermato il blitz sull'abolizione dei ballottaggi nei Comuni

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Niente terzo mandato per i governatori, niente abolizione del secondo turno per l'elezione dei sindaci (ma solo per ora).

In aula al Senato approda la questione su cui la maggioranza si è scontrata per settimane, e le opposizioni divise: la Lega, che ha il problema Zaia ed è assediata in Veneto dal partito della premier (e in Lombardia da Forza Italia), presenta in aula - con l'occasione del Decreto elezioni, e nonostante il niet di governo e alleati - l'emendamento per togliere il tetto di due mandati: «È diritto dei cittadini scegliere i propri amministratori, senza che vengano messi fuori gioco a tavolino», dice il salviniano Paolo Tosato. Ma da Fdi arriva una chiusura secca: «Nella Lega sanno benissimo l'esito negativo di questa battaglia, ma evidentemente vogliono piantare una bandierina per gestire le pressioni interne alla Lega in Veneto. Per loro è giusto aumentare il limite dei mandati? Per noi no. Tutti qui».

Emendamento affondato: 112 no, solo 26 sì. Se la Lega aveva sperato di aprire una breccia nel Pd, dentro cui il partito degli amministratori si batte da tempo per l'estensione dei mandati, è stata delusa: Elly Schlein ha imposto ai suoi la linea del «no» per non dividersi dai Cinque Stelle. Unica concessione ai suoi sindaci, la promessa che una eventuale riforma andrà discussa in un «quadro complessivo». Solo Italia viva ha votato a favore: «Se Pd e M5s avessero votato per il terzo mandato - dice il renziano Davide Faraone - il governo sarebbe andato sotto e Giorgia Meloni sarebbe dovuta salire al Colle. Invece le hanno fatto da stampella».

Ma a fare rumore, ieri, è stato un altro emendamento presentato in extremis dalla Lega, che puntava a scardinare la legge per l'elezione dei sindaci eliminando il ballottaggio quando un candidato supera il 40% al primo turno. Mandando su tutte le furie l'Anci e il Pd: «Un blitz a tre mesi dal voto è uno sfregio alle più basilari regole democratiche», accusa Schlein. Mentre il capogruppo dem Francesco Boccia parla di «golpe» e di «maggioranza agli stracci». In realtà, governo e centrodestra bloccano il «blitz» leghista chiedendo al Carroccio di mutare la proposta in ordine del giorno, poi approvato: «Non è il momento né la sede per discuterne», dice il relatore di Fdi Alberto Balboni, ma avverte: «Serve approfondimenti e confronto su un tema così rilevante, ma nel merito siamo d'accordo, e non è un attentato alla Costituzione». Il capogruppo di Fi Maurizio Gasparri è ancora più chiaro: «É una tesi che condividiamo tutti, in maggioranza, ed è la direzione - già imboccata da Sicilia e Friuli Venezia Giulia - in cui ci muoveremo». Spiega il dem Alessandro Alfieri: «É chiaro che vogliono riprovarci, modificando il Testo unico sugli Enti locali: il centrodestra da sempre teme il ballottaggio, perché spesso partono svantaggiati. Noi ci opporremo in ogni modo a un sistema che ha dimostrato per decenni di funzionare bene, ma i numeri li hanno.

Sappiano però che può essere una scelta a doppio taglio: così ci costringerebbero a stare insieme a M5s e centristi fin dal primo turno».

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