Cronache

Le rivolte degli immigrati nei centri di accoglienza di tutta Europa

I centri di accoglienza di tutta Europa soffrono le proteste degli immigrati che pretendono accoglienza e si ribellano violentemente per i tempi di attesa

Le rivolte degli immigrati nei centri di accoglienza di tutta Europa

Se può servire da consolazione, non è solo l'Italia a subire la rabbia dei migranti. Rabbia che monta nell'attesa di sapere se la domanda di asilo sarà accolta oppure no. Collera che si trasforma in proteste e scontri con la polizia. Sembra assurdo, ma è così. In tutta Europa, da Valencia a Budapest passando per Berlino, i centri accoglienza e i campi profughi diventano luoghi di scontro fisico tra i migranti e l'autorità dello Stato che li accoglie.

Bisogna partire da un presupposto. Non tutti coloro che raggiungono il Vecchio Continente sono tecnicamente profughi. Ogni Stato, dunque, ha il diritto (oltre che il dovere imposto dalle regole europee) di sapere chi transita sul suo territorio. Soprattutto se questo avviene nei panni di un esodo di massa. Ogni Paese ha l'obbligo di schedare, capire chi sono i "richiedenti asilo" e quali sono le loro storie. Un sistema messo inevitabilmente sotto pressione, che può provocare disagi, insufficienti però a giustificare i disordini.

In Italia lo sappiamo bene. Le immagini delle rivolte dei migranti, gli scontri con la polizia, le barricate e le strade occupate sono diventate la cronaca quotidiana di un Paese costretto ad essere ospitale anche oltre le sue possibilità (e forse anche capacità). Richieste di pasti migliori, lamentele sul caldo nelle tende, vassoi di cibo buttati in strada in segno di sfregio nei confronti di chi spende denaro pubblico per garantire l'accoglienza.

Ma non è una particolarità del Belpaese. La rabbia è arrivata anche a Budapest, dove i migranti nei giorni scorsi si sono rifiutati di scendere dal treno che li stava portando al campo profughi di Bicske. Alcuni di loro hanno occupato le rotaie, altri hanno cercato di scappare. Le forze dell'ordine sono state costrette a circondare l'area mentre i migranti facevano partire i tafferugli. Chiedevano di andare in Austria, senza essere schedati. Volevano abbandonare l'Ungheria: rischiesta legittima, ma che per ora stride con le leggi e le decisioni del governo locale. A chi la ragione?

Non solo. Nella notte tra sabato e domenica fa sull'Isola di Lesbo, in Grecia, sono scoppiati violenti scontri tra migranti e polizia. Tafferugli iniziati dopo che gli immigrati hanno lanciato bottiglie d'acqua e pietre contro le forze di sicurezza. Anche qui tutto ha un'origine: la richiesta di "andare ad Atene". Legittimo richiedere, come altrettando doveroso sarebbe evitare di attaccare le forze di sicurezza che gestiscono una situazione scottante. La polizia in più occasioni è stata costretta a ricorrere all'uso dei manganelli per respingere circa 1.000 immigrati che cercavano di salire su un traghetto in procinto di salpare per il porto del Pireo.

Intanto le rivolte continuano. Anche oggi. Anche in Spagna. Cinque poliziotti sono rimasti feriti durante la ribellione scoppiata in un centro per migranti a Valencia, nel sudest del Paese. "Hanno spintonato gli agenti - ha riferito un portavoce della polizia - li hanno colpiti, hanno strappato le chiavi a uno di loro". Intorno alle 11 di sera gli immigrati hanno sfondato i mobili del centro di accoglienza e hanno cercato di incendiare i materassi. Si sono impossessati delle chiavi della struttura e sono saliti sul tetto. Da lì hanno cercato di calarsi con lenzuola e coperte, mentre tiravano sassi contro i poliziotti costretti a rispondere con colpi di avvertimento e proiettili di gomma. Solo dopo due ore è tornata la calma. Secondo quanto riporta il Pais, almeno 54 degli ospiti del Centro di Internamento per Stranieri (Cie) hanno partecipato alla rivolta.

Una scena che ricorda molto da vicino le vicende italiane. Nel 2011 il centro di accoglienza di Lampedusa venne dato alle fiamme da ospiti tunisini, nella speranza così di poter fuggire durante i disordini. Nel 2013, invece, il Cie di Capo Rizzuto venne devastato durante le proteste scaturite dopo la morte di un marocchino a causa di un malore. Solo alcuni esempi. Per arrivare più vicino a noi, a luglio gli immigrati a Naro (Agrigento) hanno distrutto alcuni degli arredamenti del centro e poi hanno sequestrato uno degli operatori.

Storie che mettono in luce l'esistenza di due diritti, l'uno opposto all'altro: quello di domandare l'asilo e quello dello Stato di decidere a chi concederlo.

In mezzo, non può esserci il diritto alla rivolta.

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